Per risparmio gestito si intende quella quota di reddito accantonata da un singolo individuo o un’unità familiare, la cui gestione viene conferita a uno o più gestori professionali, i quali provvedono a amministrare le risorse all’interno del mandato ricevuto.
Dunque, quando parliamo di risparmio gestito facciamo riferimento agli investimenti operati dai fondi comuni mobiliari o SICAV, alla gestione effettuata da banche o Società di Intermediazione Mobiliare, SIM.
Nell’ambito del risparmio gestito possono essere distinte le gestioni individuali da quelle collettive degli investimenti.
In passato, le gestioni individuali trovavano disciplina nel codice civile, mentre quelle collettive erano sconosciute dal nostro ordinamento e solo a partire dalla legge 77/’83 hanno iniziato ad essere normate, anche se per molti anni in maniera disorganica. Risulta essere solo con il Testo Unico di Intermediazione Finanziaria, TUIF, del 1998 che si ha una regolamentazione organica di ogni forma di gestione del risparmio.
Vediamo in cosa si differenziano i prodotti finanziari del risparmio gestito da quelli dell’intermediazione bancaria tradizionale. Nel primo caso, i rischi derivanti dalle gestioni individuali ricadono sugli investitori, mentre così non avviene nel secondo caso.
I risparmiatori, investendo negli strumenti del risparmio gestito, affidano a un intermediario un mandato per la gestione di un portafoglio di strumenti finanziari. L’intermediario acquista e vende attività finanziarie o reali per la costruzione di un portafoglio diversificato, sulla base del profillo di rischio del cliente.
Il mandato riguarda o la gestione di un patrimonio collettivo o di un patrimonio individuale. Quanto alle modalità della gestione, si è soliti effettuare la distinzione tra attiva e passiva. Nel primo caso troviamo i fondi comuni di investimento in senso lato, nel secondo i cosiddetti Etf, Exchange traded fund.
Questi ultimi meritano un’attenzione particolare. Essi si caratterizzano per il fatto di avere quale obiettivo di replicare l’andamento di un titolo o indice di riferimento, non di batterlo. Dunque, un Etf sull’indice SP 500 implica che il fondo ha come obiettivo quello di realizzare in favore dei clienti lo stesso risultato prodotto dal listino americano.
Andiamo adesso a analizzare il regime di tassazione del risparmio gestito, come disciplinato dal TUIF. In questo caso, l’investitore delega l’intermediario per l’esecuzione degli adempimenti fiscali. Le imposte sono calcolate sul risultato netto della gestione.
Il complesso dei redditi incassati o maturati nel corso dell’anno, interessi, dividendi e plusvalenze, è soggetto a un’aliquota del 26%, 12,5% nel caso di titoli di stato, con la possibilità per l’investitore di compensare le eventuali minusvalenze accusate nel periodo. Se il saldo è negativo, minusvalenze superiori alle plusvalenze, questo potrà essere scomputato dalle plusvalenze realizzate nei quattro anni successivi.
L’imposta è versata al Fisco dall’intermediario che gestisce i risparmi e risulta essere calcolata sul risultato netto della gestione maturato, ovvero confrontando il valore del portafoglio di investimenti al termine dell’esercizio con quello iniziale. Dunque, l’investitore è sgravato da ogni onere legato agli adempimenti fiscali, ricadendo questi in capo all’intermediario. Gode anche dell’anonimato.
La conseguenza di questo metodo di calcolo è che vengono tassate le plusvalenze maturate, anche se non effettivamente incassate dall’investitore, in quanto si effettua il confronto tra il valore finale e quello iniziale del portafoglio investito. L’intermediario potrà così compensare guadagni e perdite del cliente, anche se frutto di redditi da capitale e redditi diversi.
Esistono anche altri costi legati all’investimento del risparmio gestito, indipendentemente dal conseguimento o meno di un risultato positivo. Trattasi delle commissioni, che rappresentano per l’intermediario la remunerazione per l’attività svolta. Le commissioni possono essere di diversa natura. Alcune sono volte ad incentivare un investimento di lungo periodo, prevedendo quote di ingresso elevate, seguite da costi successivi nulli o contenuti.
La ragione per cui il risparmio gestito possa essere una soluzione ottimale per il piccolo investitore è che esso consente di mettere a frutto anche poche risorse, in quanto queste vengono gestite non individualmente, ma all’interno di una massa più grande, quella raccolta tra tutti i clienti aderenti. Grazie a questo metodo, i costi dell’investimento si abbassano e così anche i rischi, dato che a differenza di un singolo atto d’investimento, si tratta di convogliare sui mercati un’elevata liquidità, da ripartire tra le tipologie di asset previste per contratto.
Infine, vi proponiamo un chiarimento, ovvero quale sia la differenza tra risparmio gestito e risparmio amministrato. In questo secondo caso, gli adempimenti fiscali ricadono in capo all’intermediario, che si occupa dell’attività di gestione, ma le decisioni di investimento restano nella sfera discrezionale del cliente. Dunque, mentre nel risparmio gestito è l’intermediario a decidere come investire le risorse raccolte tra la clientela, in quello amministrato il sovrano nelle decisioni resta l’investitore.