Il ROT è utilizzato nel linguaggio aziendale e indica il tasso di rotazione del capitale investito. In formula, esso è pari a Ricavi vendita/Capitale investito.
Esprime un importante indicatore di efficienza della gestione aziendale, in quanto segnala la capacità dell’imprenditore di trasformare in ricavi il capitale investito. Da questo deriva il termine rotazione, nel senso di trasformazione del capitale in fatturato.
Il ROT può essere a sua volta ricavato come rapporto tra ROI e ROS, dove il ROI, che sta per Return On Investment, esprime la redditività del capitale investito, mentre ROS sta per Return On Sales o anche Ritorno sulle Vendite. Dunque, il ROT è anche il rapporto tra il rendimento di un capitale investito e quello maturato dall’impresa sulle vendite.
Sul piano concreto, il ROT segnala anche il numero di volte in cui il capitale investito si trasforma nell’esercizio in ricavi delle vendite. Se, per ipotesi il ROT è uguale a 12, significa che il capitale investito è in grado di tradursi in fatturato relativo alle vendite per 12 volte all’anno. Chiaramente, il ROT è direttamente proporzionale al volume delle vendite. Infatti, il risultato del rapporto tra ROI e ROS sarà un numero, che esprime quanto appena indicato.
Facciamo un esempio per capire meglio con la pratica. Immaginiamo che Azienda Spa abbia riportato nell’esercizio 2016 un valore della produzione pari a 150.000 euro, mentre gli impieghi totali risultano essere stati pari a 60.000 euro. Il ROT risulterebbe essere 150.000 / 60.000 = 2,5. Ciò significa che il capitale investito si sarebbe trasformato in vendite 2,5 volte nell’anno, ovvero ogni quasi 5 mesi. Ipotizziamo, invece, che la stessa azienda nell’esercizio 2015 abbia investito 500.000 euro, a fronte di un volume della produzione per 400.000 euro. Il ROT per l’anno risulterà essere stato 400.000 / 500.000 = 0,80. In altre parole, nemmeno una volta nell’anno sarebbe stata riscontrata la trasformazione del capitale in vendite.
Come possiamo facilmente comprendere, più è alto il ROT, maggiore sarà l’efficienza della gestione aziendale, ovvero la sua capacità di fare fruttare gli impieghi. Chiaramente, il risultato del ROT dipenderà anche da altri aspetti, che non necessariamente sono legati a ragioni di efficienza. Gli impieghi, ovvero il capitale investito, possono essere di natura diversa da impresa a impresa, così come di anno in anno all’interno della stessa realtà produttiva. Possiamo, in generale, scomporli in capitale circolante e immobilizzazioni. Per capitale circolante si intendono quegli impieghi di natura transitoria, ovvero destinati ad essere utilizzati nell’arco dell’anno, mentre per loro natura le immobilizzazioni sono pluriennali, ovvero contribuiscono alla produzione nell’arco di un tempo medio lungo.
Alcune tipologie di imprese possono avere l’esigenza di investire in capitale per lo più immobilizzato, ovvero con rendimenti di medio lunga durata, mentre altre potrebbero trovare opportuno concentrarsi su investimenti nel capitale circolante, il cui apporto alla produzione tende ad essere immediato. Ora, se gli impieghi dovessero risultare sbilanciati in favore delle immobilizzazioni, potremmo ottenere un ROT tendenzialmente basso e persino inferiore all’unità, mentre se fossero sbilanciati in favore del capitale circolante, dovremmo assistere a un ROT più elevato.
Anche in questo caso potrebbe risultare necessario un esempio pratico. immaginiamo che Azienda Spa, attiva nella produzione di aspirapolveri, abbia bisogno di investire un milione di euro per l’acquisto di un immobile, all’interno del quale avverrà l’attività produttiva. Ipotizziamo che nel primo anno di acquisizione dell’immobile, in assenza di altri investimenti, il valore della produzione sia stato pari a 900.000 euro. Ciò significa che il ROT risulterebbe pari a 0,9, cioè risulterebbe che la rotazione del capitale investito è stata inferiore all’unità, ovvero che il capitale non si è trasformato in fatturato nemmeno una sola volta nell’esercizio. Tuttavia, l’immobile darà il suo apporto alla produzione nell’arco dei decenni, per cui è naturale che l’investimento necessario ad acquistarlo non abbia impattato immediatamente a certi livelli.
Ipotizziamo, invece, che la stessa azienda pratichi una politica dei pagamenti favorevole agli acquisti dei clienti, per cui vanti nell’arco di un anno crediti nei loro confronti per 300.000 euro, a fronte sempre di un valore di produzione pari a 900.000 euro. Visto che i crediti praticati ai clienti fanno parte del capitale circolante, in assenza di altri tipi di investimenti, deduciamo che il ROT è pari a tre, dato da 900.000/300.000, per cui il capitale investito è stato in grado di trasformarsi in vendite per tre volte nell’arco dell’anno, una ogni quattro mesi.
Nella generalità dei casi, gli investimenti sono il risultato di un misto di capitale circolante, come crediti ai clienti, scorte di magazzino, anticipi ai fornitori, e di immobilizzazioni, come acquisto di immobili, macchinari e beni strumentali. A seconda che prevalgano il primo o i secondi, si tende a ottenere un ROT rispettivamente più o meno alto. Come abbiamo potuto modo di verificare, quindi, prima di giudicare sommariamente il grado di efficienza gestionale, sarebbe opportuno verificare quali variabili stanno incidendo.