La contabilità aziendale è costituita da tre documenti principali, il conto economico, lo stato patrimoniale e la nota integrativa. Il primo è a sua volta costituito dalla somma di una serie di indicatori, ciascuno dei quali segnala un aspetto particolare della situazione di un’impresa. Essenzialmente, esso è dato dal valore della produzione e dal fatturato. La distinzione tra i due è intuibile, per valore della produzione si intende la produzione economica di un’azienda, ovvero di quanto questa riesca a produrre nel corso dell’esercizio, dell’incremento di valore dei prodotti e semilavorati in corso di produzione o delle prestazioni di servizi, oltre che delle immobilizzazioni effettuate con mezzi propri, questo, indipendentemente che tali beni siano o meno venduti, vale a dire che si traducano in ricavi o no.
Il fatturato, invece, è il valore dei beni venduti nel corso dell’esercizio. Da un punto di vista matematico, esso è dato dal prodotto dei beni venduti per i rispettivi prezzi. Dunque, siamo in presenza di una vendita, caratteristica che lo distingue nettamente dal primo indicatore.
Sempre sul piano matematico, il valore della produzione risulta pari al fatturato, incrementato del valore delle rimanenze della produzione di esercizio e diminuito del valore delle giacenze delle produzioni passate. Dunque, il valore della produzione risulta generalmente superiore al fatturato, perché bisogna prendere in considerazione anche le variazioni delle rimanenze nel corso dell’esercizio, dato che esso comprende anche i beni non venduti.
In teoria, valore della produzione e fatturato coincidono nel caso in cui tutta la produzione nell’anno sia stata venduta e non vi siano state variazioni nette nelle rimanenze di magazzino. Le due condizioni è difficile che si verifichino contemporaneamente, per cui è molto probabile che un’azienda registri valori tra loro differenti, anche se di poco.
Il conto economico, come abbiamo anticipato, risulta dalla somma tra valori di indicatori differenti. Esso ha una forma scalare, nel senso che i vari valori vengono ottenuti progressivamente dalla somma o dalla differenza di svariati dati. Nel caso del valore della produzione, bisogna per prima cosa ottenere i ricavi delle vendite, o delle prestazioni effettuate nel caso di servizi, e successivamente le variazioni delle rimanenze dei beni in magazzino, al netto delle giacenze riferibili agli esercizi precedenti. Inoltre vanno ricavate le variazioni dei lavori su ordinazione e gli incrementi delle immobilizzazioni per lavori interni. Infine, bisogna tenere conto degli altri ricavi. La somma di tutte queste voci permette di ottenere il valore della produzione.
Non bisogna confondere il valore con i costi di produzione. Questi si ricavano dai dati delle materie prime, di consumo, sussidiarie e delle merci. A ciò si aggiungono i costi per servizi ricevuti, come per il godimento di beni di terzi, oltre che le spese per il personale. Infine, bisogna tenere conto anche dei costi legati alle variazioni delle rimanenze di materie, degli oneri di gestione e degli accantonamenti per i rischi, oltre che gli ammortamenti e le svalutazioni.
Per il momento abbiamo indicato i valori riferibili alla gestione caratteristica dell’impresa, ma il risultato finale dell’esercizio, utile o perdita, può essere influenzato, e spesso lo è in maniera determinante, da oneri e proventi di natura straordinaria, ovvero da componenti di reddito che non hanno a che fare con l’oggetto principale dell’attività aziendale. Si pensi ai proventi derivanti dalla cessione di un capannone non più utile ai fini aziendali o agli oneri relativi all’acquisizione di un pacchetto azionario. Si tratta di componenti attive e passive di reddito, che nonostante non incidano sul risultato finale, non segnalano l’effettivo stato dell’impresa. Può capitare, quindi, che una società produca utili dalla gestione caratteristica, ma a causa di oneri legati a operazioni straordinarie e finanziarie, il risultato finale nel conto economico sarà una perdita. Al contrario, una società potrebbe essere in perdita per la gestione caratteristica, ma presentare ugualmente un bilancio in attivo, grazie a operazioni finanziari. Un investitore poco attento tenderebbe a giudicare lo stato aziendale dall’ultima riga del conto economico, ma commettendo un errore, visto che potrebbe sottovalutare le difficoltà dell’attività o sopravvalutarne la capacità di generare valore.
Anche la distinzione tra valore della produzione e fatturato potrebbe chiarire l’effettivo stato economico finanziario dell’azienda. Uno scostamento eccessivo tra i due valori segnala un elevato invenduto, che può essere a sua volta frutto o di precise scelte aziendali, compro adesso più materie prime possibili, compatibilmente con le dimensioni del magazzino, prevedendone un rialzo dei prezzi, oppure di difficoltà nel piazzare i propri prodotti sul mercato. A questo proposito, ci aiuta un’analisi pluriennale dei bilanci. Se scopriamo, per esempio, che una società tende ad avere negli ultimi tempi un valore della produzione superiore al suo fatturato, magari crescente, potrebbe essere il segnale che qualcosa forse non va in fase di produzione, ovvero che l’azienda è attraversata da una crisi strutturale di sovrapproduzione, magari formalmente tamponata da proventi finanziari e straordinari.