Ebitda è un indicatore aziendale molto noto a chi si occupa di redigere o anche solo di leggere e analizzare i bilanci di una società. Risulta essere l’acronimo per l’espressione inglese Earnings before Interest, Taxes, depreciation and amortization, ovvero il reddito prima del pagamento degli interessi sui debiti, le tasse, il deprezzamento dei beni e gli ammortamenti.
In italiano si usa l’acronimo equivalente Rol, che sta per reddito operativo lordo. In varie spiegazioni online, però, viene erroneamente suggerito che il corrispondente italiano dell’Ebitda è il Mol, ovvero il margine operativo lordo. Ma come potrete comprendere dalla stessa definizione, il margine operativo lordo è un indicatore diverso, visto che segnala l’incidenza su un qualche altro dato. In effetti, il Mol è il rapporto tra il reddito operativo lordo e il fatturato o ricavi dell’azienda nel periodo. Il corrispondente inglese di Mol è l’Ebitda margin. Esempio, se l’Ebitda è pari a 30 e il fatturato aziendale nel medesimo periodo è stato di 150, il Mol o l’Ebitda margine è stato pari al 20%, ossia a 30/150.
Tornando alla definizione dell’Ebitda, esso è un indicatore della redditività dell’impresa, con riguardo alla gestione caratteristica, quindi, senza considerare fattori di natura accessoria, straordinaria. L’Ebitda risulta molto utile nella comparazione tra imprese dello stesso settore, perché è il dato che ci consente davvero di capire quanto vale l’una o l’altra azienda, con riferimento al loro business. Se utilizzassimo, infatti, solamente indicatori come gli utili netti, potremmo ottenere risultati falsati da diversi fattori. Per esempio, un’azienda produttrice di scarpe potrebbe essere di gran lunga meno efficiente di un’altra concorrente in un certo periodo, in quanto produce a costi maggiori o riesce a ricavare di meno dalle vendite, ma se in un dato anno ha effettuato dismissioni di immobili non indispensabili o ha beneficiato di una norma fiscale che ha abbattuto i pagamenti delle tasse e di contributi previdenziali per i lavoratori, essa risulterà magari in possesso di un utile superiore all’altra azienda, quando è, in effetti, meno redditizia.
L’Ebitda ci aiuta, quindi, a comprendere meglio quanto un’azienda ricava dalla gestione caratteristica, che il management è portato paradossalmente spesso a sottovalutare, nell’affanno costante di migliorare magari l’outlook finanziario della società. Tuttavia, se va male l’Ebitda, prima o poi andrà a rotoli tutta l’attività aziendale.
Vediamo adesso come si determina l’Ebitda e quale rapporto vi è con gli altri indicatori aziendali. Valore della produzione – Costi esterni = Valore aggiunto – Costo del personale = Ebitda o Reddito operativo lordo – Ammortamenti e accantonamenti = Reddito operativo netto + Proventi gestione accessoria – Oneri gestione accessoria + Proventi finanziari = Risultato ante oneri finanziari – Oneri finanziari = Risultato ordinario + Proventi straordinari – Oneri straordinari = Risultato pre imposte o Ebt – Imposte dell’esercizio = Risultato netto.
Dunque, come abbiamo potuto notare tra l’Ebitda e il risultato netto, utile o perdita, corre una grande differenza. Essa è data, come avevamo anticipato, dalla considerazione per la determinazione del secondo anche degli ammortamenti, delle spese relative agli accantonamenti, degli oneri e dei proventi finanziari, sia di natura ordinaria che accessoria.
Si possono avere, quindi, situazioni diverse, ovvero che a fronte di un Ebitda positivo si abbia un risultato netto negativo, cioè una perdita, o al contrario, che il primo indicatore sia negativo, ma l’azienda abbia chiuso l’esercizio o il trimestre in utile.
Chiaramente, sarebbe più grave se per diversi periodi, i bilanci di un’azienda sono caratterizzati da un Ebitda negativo, anche compatibilmente con un risultato finale positivo, perché significa che sta andando male il business principale dell’attività, ma che i dati sono abbelliti da operazioni di impronta finanziaria o da altri fattori contingenti, con il rischio che nel tempo, in assenza di correttivi, emergano le falle gestionali.
Non è un caso che quando si deve valutare se il titolo di una società quotata sia valutato correttamente in borsa o se sia altrimenti sopra o sotto valutato, una delle analisi fondamentali effettuate consiste proprio nel verificare il rapporto tra il valore di capitalizzazione della società e l’Ebitda e raffrontare il risultato ottenuto con la media del settore.
Esempio, la società Alpha vale in borsa 100 e nell’esercizio in corso dovrebbe chiudere con un Ebitda pari a 20. Ciò significa che capitalizza 5 volte in più il suo Reddito operativo lordo. Se la media del settore di appartenenza della società fosse 7, significa che per una qualche ragione, Alpha è in borsa sottovalutata, ovvero che esiste un margine potenziale per un apprezzamento delle sue azioni. Viceversa, segnalerebbe una sopravvalutazione, che dovrebbe allertare sul possibile trend negativo a cui andrebbero incontro i suoi titoli.
Nel breve termine, però, il mercato premia i risultati tangibili, ovvero la produzione di utili, che consente lo stacco di cedole. Pertanto, l’Ebitda diventa un indicatore maggiormente rivelante nelle analisi di medio e lungo termine.