Gli oneri finanziari per il bilancio di un’impresa rappresentano componenti negativi di reddito non straordinarie e di competenza dell’esercizio, al netto dei risconti.
Parliamo di
-Interessi passivi e degli sconti passivi su finanziamenti erogati da banche o altri istituti di credito, comprensivi delle commissioni passive.
-Spese bancarie e accessorie ai finanziamenti.
-Differenze negative di indicizzazione sui prestiti.
-Interessi passivi su dilazioni ottenute dai fornitori e interessi di mora.
-Sconti finanziari passivi non indicati in fattura, concessi ai clienti per i pagamenti pronta cassa.
-Quote di competenza sui disaggi di emissione di obbligazioni e altri prestiti.
–Minusvalenze derivanti dalla cessione di titoli a reddito fisso e partecipazioni iscritte nell’attivo circolante.
-Oneri di competenza per le operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine, compresa la differenza tra i prezzi a pronti e quelli a termine.
Questa voce comprende anche interessi e altri oneri finanziari passivi delle imprese controllate, collegate e controllante, per cui deve essere suddivisa in sotto voci. Se l’impresa ottiene aiuti pubblici che abbatoano gli interessi sui finanziamenti, questo contributo deve essere registrato a riduzione del costo alla voce C17, se incassato nello stesso esercizio in cui vengono sostenuti gli interessi, mentre se viene incassato in un esercizio successivo, bisogna registrarlo alla voce C16d.
Possono sorgere dubbi sulla corretta imputazione dei costi, a seconda che essi abbiano natura finanziaria o di servizio. Nel primo caso, tali oneri vanno registrati alla voce C17, nel secondo caso alla voce B7 del Conto Economico. L’imposta di bollo sui conti correnti deve, invece, essere registrata alla voce B14, quella relativa a Oneri diversi di gestione.
Non c’è grande difficoltà a capire di che tipo di costi parliamo. Stiamo trattando quelli che hanno natura finanziaria a vario titolo, connessi a un finanziamento bancario o di altro tipo, anche se in molti potrebbero fare fatica a capire esattamente tutte le forme in cui gli oneri finanziari possano esprimersi. Il caso più elementare è quello degli interessi passivi su un finanziamento bancario. Casi più complessi riguardano, invece, i disaggi di emissione, ovvero la differenza negativa tra il prezzo di emissione di un prestito obbligazionario e quello di rimborso alla scadenza. Le imprese, a determinate condizioni, possono emettere obbligazioni o bond. Nel momento in cui lo fanno, si indebitano. Il costo di questa operazione non è dato solamente dalla cedola annua staccata ai creditori o obbligazionisti, ma anche dal minore prezzo riscosso all’atto dell’emissione, rispetto a quello che dovrà essere rimborsato alla scadenza e indicato sul titolo medesimo. Se emetto un bond a 10 anni con cedola fissa del 5% annuo e a un prezzo di 90, sotto la pari, l’impresa incasserà 90 e dovrà rimborsare 100 alla scadenza, ovvero subirà un maggiore onere finanziario di 10 in 10 anni. Questo deve essere imputato al conto economico per competenza. Nel caso appena esposto, bisognerà imputare agli oneri finanziari una quota di un decimo di questo disaggio di emissione per ogni esercizio.
Altri casi di oneri finanziari riguardano le minusvalenze. Compro a un dato prezzo un titolo a reddito fisso o un titolo di partecipazione al capitale, lo iscrivo nell’attivo circolante e lo riesco a rivendere successivamente a un prezzo inferiore. Di fatto, ho subito una perdita. Essendo questi titoli registrati nell’attivo circolante, evidentemente erano destinati a restare nel patrimonio aziendale per un periodo breve, ovvero avevano finalità speculative. La scommessa è stata persa nel caso di minusvalenza e la differenza negativa tra il prezzo di rivendita e quello di acquisto del titolo deve essere conteggiata tra gli oneri finanziari. Per quanto assurdo possa apparire, oggi queste minusvalenze possono essere subite per l’acquisto di obbligazioni a breve termine con rendimenti negativi, ovvero che già all’atto del loro acquisto sul mercato secondario o anche su quello primario, richiedono il pagamento di un prezzo superiore a quello che sarà incassato alla scadenza, al lordo della cedola annua prevista.
Altra tipologia di oneri, chiamati finanziari anche se hanno natura commerciale, sono quelli derivanti dall’ottenimento di dilazioni di pagamento dei fornitori, ma dietro il pagamento di interessi. O, al contrario, gli sconti praticati alla clientela per pagamenti in pronta cassa e non segnalati in fattura.
In genere, gli oneri finanziari non dovrebbero rappresentare una componente di reddito rilevante per l’impresa, questo rappresenterebbe infatti il segnale di una condizione finanziaria negativa e tale da intaccare il reddito generato dall’attività caratteristica dell’impresa stessa. Oneri finanziari elevati potrebbero indicare debiti altrettanto alti, incapacità di spuntare sul mercato dei prestiti interessi bancari o obbligazionari contenuti e scarsa capacità di vedersi praticate condizioni commerciali convenienti nei rapporti con i fornitori da un lato e con i clienti dall’altro. In ogni caso, serve sempre verificare questa voce per capire quanto essa incida sul risultato finale, il quale potrebbe essere negativo non per l’andamento deludente dell’attività principale, ma proprio per la zavorra della gestione finanziaria e commerciale dell’impresa.