In economia aziendale, per attivo circolante si intende l’insieme degli impieghi di breve durata e dei mezzi liquidi. In altre parole, esso è composto da rimanenze di materie prime e prodotti finiti, ossia beni non destinati a rimanere a lungo in magazzino, in quanto finalizzati al consumo, crediti e cambiali a breve termine, che potrebbero essere convertiti in denaro contante entro un anno, disponibilità liquide, ovvero denaro di cassa o disponibile presso i conti correnti postali o bancari.
Gli impieghi sono destinati ad essere rapidamente consumati, come nel caso delle materie prime, oppure ad essere venduti sul mercato, come per i prodotti finiti, o ancora ad essere riscossi in tempi relativamente brevi, come nel caso dei crediti verso i clienti. Dunque, vengono costantemente consumati, venduti o rinnovati, trattandosi dell’attività tipica della gestione aziendale.
Per essere più chiari, l’attivo circolante fa parte dello stato patrimoniale di un’impresa, che a sua volta è uno dei documenti contabili fondamentali nella legislazione italiana, insieme al conto economico e alla nota integrativa. A sinistra presenta l’attivo, mentre a destra il passivo. L’attivo può distinguersi tra circolante e immobilizzato. Abbiamo appena visto di cosa sia composto il primo, ma sarà anche più chiaro il suo significato, confrontandolo con l’attivo immobilizzato.
Le attività immobilizzate o fisse sono le immobilizzazioni tecniche, materiali e immateriali, così come quelle finanziarie. Si definiscono così, perché a differenza dell’attivo circolante, si presume che resteranno a lungo a fare parte del patrimonio aziendale, generando un flusso monetario in entrata per un periodo superiore all’anno. Si tratta, quindi, di elementi patrimoniali pluriennali. Le immobilizzazioni tecniche possono essere materiali, come un magazzino o un macchinario, oltre che immateriali, come marchi e brevetti. Quelle finanziarie, invece, riguardano impieghi a carattere finanziario, come crediti a medio e lungo termine, partecipazioni di controllo,.
Si capisce meglio, quindi, cosa sia l’attivo circolante, ovvero componenti del patrimonio aziendale, destinati ad uscire presto dalla disponibilità materiale o immateriale dell’azienda, perché da consumare, vendere o rinnovare, senza comportare alcun pregiudizio allo stato patrimoniale medesimo.
Per contro, le passività a breve termine sono componenti negative, sorte in seguito all’accensione di prestiti ottenuti dall’azienda per finanziare gli investimenti dell’attivo circolante. Parliamo, per esempio di debiti verso banche e fornitori, cambiali commerciali passive. Le passività a medio lunga scadenza, invece, sono riconducibili alle immobilizzazioni. Trattasi, per esempio, di un mutuo di lunga durata, contratto per acquistare un macchinario o per espandere le dimensioni di un magazzino.
L’attivo circolante può essere anche definito, quindi, come la differenza tra attività correnti e passività correnti. Si chiama anche capitale circolante netto, pari a Rimanenze + Liquidità Immediate + Crediti a Breve Termine – Debiti Finanziari – Debiti a Breve Termine. Possiamo anche intenderlo quale margine finanziario, in quanto le sue componenti non sono solo di natura operativa, ma anche finanziarie, come liquidità di cassa, assegni, depositi bancari e postali.
Pertanto, l’attivo circolante segnala lo stato di salute delle finanze di un’azienda, in quanto esprime l’ammontare delle risorse finanziarie disponibili e non immobilizzate, al netto delle passività a breve. In altri termini, esprime anche la capacità dell’azienda di far fronte alle sue obbligazioni a breve termine, grazie ai flussi finanziari generati dalla gestione tipica.
Si chiama circolante perchè, per quanto appena detto, esso è composto da risorse finanziarie che nel breve periodo di rinnovano, contrariamente a quanto accade con le attività e le passività immobilizzate, che restano in azienda per un lungo termine. Da questo ne consegue che chi dovesse prestare denaro a un’impresa, ma anche il fornitore di beni o servizi, desiderino che l’attivo circolante sia positivo e quanto maggiore possibile, perché solo in questo caso potrà godere della presumibile sicurezza che i prestiti effettuati vengano restituiti o che i beni venduti e le prestazioni di servizi vengano saldati.
Un attivo circolante positivo è indice di liquidità, perché costituito da liquidità prontamente disponibili e da crediti facilmente esigibili e ancora da rimanenze, la cui vendita sul mercato potrà tramutarle in incassi. Diverso è il caso delle immobilizzazioni, che non sempre sono facilmente tramutabili in denaro contante. Si pensi a un macchinario, che potrebbe anche essere dismesso, ma magari non in tempi celeri e nemmeno è semplice capire a che valore esso possa essere monetizzato.
Pertanto un attivo circolante positivo implica una situazione finanziaria soddisfacente, perché nel breve termine l’azienda potrà fronteggiare le scadenze, costituite dalle passività, restando con un margine di sicurezza. In sostanza la liquidità e i crediti a breve risultano superiori ai flussi in uscita e ai debiti a brevi. Tuttavia, va evidenziato che, così come detto per le immobilizzazioni, non sempre sarà possibile una loro dismissione immediata. Si pensi a prodotti rimasti in magazzino, ma non facilmente vendibili, vuoi perché il mercato si trova in crisi, vuoi anche perché tali beni appaiono ormai obsolescenti o fuori moda.