La valutazione delle rimanenze finali di magazzino è una delle più complesse in contabilità aziendale, in quanto prevede diverse fasi con le quali procedere per la chiusura del bilancio d’esercizio. Da un punto di vista prettamente contabile, esse sono rettifiche di costi e, pertanto, costituiscono una componente positiva del conto economico. Al contrario, le rimanenze iniziali di magazzino sono costi e rappresentano componenti negative per il conto economico.
Vediamo adesso le fasi per procedere alla valutazione delle rimanenze finali. Per prima cosa, dobbiamo accertare le quantità rimanenti in magazzino. Secondariamente, dobbiamo assegnare a tali quantità valori e, infine, è necessaria la determinazione del valore fiscale.
All’inizio dell’anno bisogna chiudere la voce Rimanenze Finale, stornandola con Rimanenze Iniziali. Pertanto, nel giorno 1 gennaio di ogni anno non vi saranno più rimanenze finali, ma solo rimanenze iniziali, le quali figureranno tra le componenti negative del conto economico.
L’art.1 del D.P.R. 695/96 stabilisce alcune soglie per l’obbligo di tenere la contabilità di magazzino. Esse consistono nel riportare per almeno due esercizi consecutivi ricavi di cui all’art.85 D.P.R. 917/86 superiori a 5.164.568,99 euro e rimanenze finali di cui agli artt.92 e 93 D.P.R. 917/86 superiori a 1.032.913,80 euro. Entrambe le soglie devono essere superate per fare scattare l’obbligo dal secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui si è avuto il superamento. Tale obbligo cessa, nel caso in cui almeno una delle due soglie non venga superata per almeno due periodi di imposta consecutivi. A quel punto, l’impresa potrà scegliere di non avvalersi più della contabilità di magazzino a partire dal primo periodo d’imposta successivo al mancato superamento di tali soglie.
Abbiamo detto che la valutazione del magazzino è un’operazione complessa. In effetti, non è così semplice come si immagina assegnare un valore a un bene facente parte delle rimanenze finali. A tale proposito, esistono tre metodi contabili, LIFO, FIFO e media ponderata. LIFO è una sigla inglese che sta per Last In First Out, ovvero l’impresa che lo adotta come metodo di valutazione immagina che ad essere venduto sia l’ultimo bene entrato in magazzino. Pertanto, le rimanenze sono merci entrate in un periodo più remoto. In un ambiente di crescita dei prezzi, ciò porterebbe a deprimere il valore delle rimanenze finali.
Al contrario, con il metodo FIFO, First In First Out, si immagina che ad essere venduta per prima sia la prima merce entrata. Ciò porta a stimare le rimanenze finali con i prezzi degli ultimi pezzi in entrata, ovvero a valutare il magazzino per un reddito superiore a quello LIFO mostrato in precedenza. Infine, la media ponderata tende sostanzialmente a evitare entrambe le valutazioni estreme, applicando alle rimanenze il prezzo medio ponderato degli acquisti effettuati nel corso dell’esercizio.
Come abbiamo potuto notare, per un’impresa non sarà neutrale la valutazione del magazzino con l’uno o l’altro metodo. Lo sa benissimo il legislatore, che lascia ampia libertà di scelta all’impresa di valutare il magazzino come meglio creda, sempre che adotti criteri costanti nel tempo e nel caso li modifichi, è tenuta a giustificare tali cambiamenti nella nota integrativa e a riportare i valori del magazzino con l’adozione del criterio precedente, al fine di evidenziare quali differenze contabili sono avvenute cambiando metodo di valutazione.
Sul piano fiscale, l’art.92 del T.U.I.R. impone l’adozione del LIFO a scatti, per cui il primo anno di formazione delle rimanenze si applica la media ponderata e dal secondo anno bisogna distinguere se le quantità in magazzino risultano superiori o inferiori a quello dell’esercizio precedente. Nel primo caso, la valutazione del magazzino avviene nuovamente con il metodo della media ponderata, nel secondo si imputano alle minori quantità i prezzi relativi agli ingressi di merci più recenti. La media ponderata, il FIFO e altre varianti del LIFO restano possibili per i casi di utilizzo per la valutazione del bilancio.
Per i commercianti al minuto, la valutazione delle rimanenze finali si effettua ricorrendo ai prezzi al dettaglio, anche qualora ciò comporti valori inferiori a quelli risultanti dal LIFO a scatti. Ci si può avvalere di tale deroga, a patto che nella dichiarazione dei redditi se ne indichino i criteri e le modalità e si faccia riferimento alla struttura dell’attività. Per le imprese che si avvalgono della contabilità semplificata, bisogna indicare entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi e sui registri IVA le quantità e i valori delle singole categorie di beni del magazzino e i criteri seguiti per la valutazione.
Semplificando, si ha che le rimanenze finali sono pari alla differenza tra gli acquisti e il costo del venduto, dove questo è a sua volta pari ai ricavi, suddivisi per (100 x percentuale di ricarico) e moltiplicati per 100. La percentuale di ricarico, poi, è pari a Ricarico/Costo del Venduto x 100.
Infine, precisiamo che in presenza di una contabilità di magazzino le rimanenze finali possono differire dalle giacenze, a causa delle movimentazioni o lavorazioni di tali beni, oltre che a eventuali distruzioni.