Nel linguaggio aziendale per costo del venduto si intende l’insieme delle spese direttamente sostenute per l’allocazione sul mercato di un bene prodotto o di un servizio erogato. La voce comprende il costo della manodopera diretta, le materie prime e le spese di trasporto. Nel conto economico, la sottrazione tra il ricavato delle vendite e il costo del venduto ci offre il margine operativo lordo, dal quale si ottiene il reddito operativo lordo, dopo avere sottratto le spese amministrative e gli altri costi fissi.
A questo riguardo, è utile soffermarci sul significato di quanto appena detto. Il costo del venduto per un’attività produttiva o erogatrice di servizi non esaurisce affatto i costi sostenuti per arrivare a produrre e vendere un bene o servizio. Si immagini il caso di un’azienda di scarpe. Il costo del venduto nel suo caso è dato dalla materia prima acquistata, dalla manodopera direttamente impiegata per la produzione e dai costi di trasporto e viaggio, come nel caso di consulenza. Ora, queste spese non sono tutte quelle che incidono sul costo finale e, quindi, sul prezzo. Infatti, anche gli uffici amministrativi rappresentano un costo per l’impresa, così come la locazione del capannone in cui avviene la produzione. Tuttavia, le spese direttamente collegate al bene o servizio venduto sono quelle afferenti alle voci sopra indicate e ci consentono di comprendere quanto incidano sul ricavato. Esempio, se nel primo trimestre registro un costo del venduto del 90%, nel secondo trimestre del 92% e nel terzo trimestre del 94%, il costo medio nell’arco dei primi nove mesi dell’anno si attesterebbe al 92%. Ciò significa che su 100 euro ricavati dalla vendita, 92 sono il costo diretto. La differenza, in questo caso pari a 8, non rappresenta il profitto dell’impresa, bensì il margine lordo, dal quale dobbiamo sottrarre i costi fissi e amministrativi per ottenere il reddito operativo. Se vogliamo ricavarci l’incidenza dei costi totali per unità di prodotto, dobbiamo sommare il costo del venduto ai costi fissi e amministrativi, suddividendo il totale per la produzione di beni o per l’erogazione di servizi nel dato periodo.
Nemmeno il reddito operativo coinciderà con l’utile dell’impresa, in quanto da esso dovremmo ancora sottrarre i costi legati alle operazioni finanziarie e straordinarie. Questo, perché l’attività economica di un’impresa non si esaurisce con il core business, ovvero con le attività caratteristiche, ma comprende anche operazioni sporadiche o di natura finanziaria, che anche se non costituiscono il centro dell’attività principale, incidono sul risultato d’esercizio. Infine, anche le imposte vanno tenute in considerazione e detratte le quali si arriva all’utile netto.
Il rapporto tra costo del venduto e ricavi o fatturato delinea il margine massimo ottenibile dalla vendita dei beni o dall’erogazione dei servizi, tenendo presente che spesso è difficile comprimere gli altri costi fissi e amministrativi. Un’elevata percentuale del costo del venduto sul fatturato potrebbe riflettere o inefficienze produttive o bassi livelli di vendita. Nel primo caso, l’azienda potrebbe anche tagliare i costi con un processo di riorganizzazione interna, mentre nel secondo caso non è detto che possa fare molto, dipendendo probabilmente dalla congiuntura negativa del mercato.
Risulta essere evidente, che minore è l’incidenza del costo del venduto sul fatturato, maggiori saranno i margini potenziali a favore dell’azienda. Pertanto, parliamo di un indicatore importante per valutare le spese. Si potrebbe anche avere l’apparente paradosso di un costo del venduto superiore al fatturato, ma un risultato d’esercizio positivo, ovvero un’azienda che riesce a maturare un utile. Se il costo del venduto supera il valore del fatturato, significa che l’azienda sta producendo in perdita, ma grazie a operazioni straordinarie o di natura finanziaria, il risultato finale può risultare positivo.
Facciamo un esempio per capire meglio. L’azienda produttrice di scarpe vende in un dato anno 1.000 unità a un prezzo medio pari a 10, ricavando complessivamente 10.000. Il costo della materia prima supponiamo che sia 5.000, quello della manodopera 6.000 e gli altri costi direttamente legati 1.000. Il costo del venduto è pari, quindi, a 12.000, per cui supera il fatturato, esitando un margine lordo negativo di 2.000. Tuttavia, grazie alla dismissione di un immobile per un valore di 3.000 e a un risultato della gestione finanziaria positivo per 2.000, considerando che gli altri costi fissi e amministrativi ammontano a 1.800, l’azienda riesce a concludere l’esercizio con un utile pre imposte di 1.200.
Per questo, limitarsi a guardare l’ultimo riga del conto economico potrebbe dare un’impressione sbagliata, perché non ci consente di comprendere da cosa sia composto. Un’azienda che funziona, infatti, dovrebbe esitare un reddito operativo positivo, oltre che un utile netto. Nel caso in cui riuscisse a maturare questo, ma a fronte di perdite costanti sul piano operativo, significa che il suo core business non funziona e che meglio sarebbe, a quel punto, che si dedicasse a altro, se non sarà in grado di fare profitti con la vendita dei beni e l’erogazione dei servizi per cui è stata creata.