Il termine capitalizzazione viene quotidianamente impiegato nel linguaggio borsistico, anche se non tutti conoscono la definizione e comprendono appieno il significato. Per capitalizzazione si intende il valore di mercato che possiede una società quotata, ovvero il valore del suo capitale.
Vediamo come si fa a verificare il valore economico di una società quotata in borsa. Semplice, attraverso il prezzo delle sue azioni. Moltiplicandolo per il numero complessivo delle azioni di cui si compone il capitale sociale si ottiene, appunto, il valore di capitalizzazione della società.
A questo punto, è necessario fare una precisazione importante, quando si parla di capitalizzazione, non si intende il valore delle azioni quotate. La differenza potrebbe apparire poco comprensibile, ma adesso ve la spieghiamo con semplici parole.
Ipotizziamo che la società Alfa decida di quotarsi in borsa. A questo punto, dovrà cedere sul mercato una porzione del suo capitale, per esempio, il 20%. Si suddivide questo capitale in azioni tutte dello stesso importo e si offre ai risparmiatori e agli investitori istituzionali un quinto di esse. Le azioni quotate in borsa rappresentano il flottante della società e moltiplicate per il rispettivo prezzo, determinano il valore del flottante.
La conseguenza è che, rappresentando il flottante solo una quota del capitale della società, il valore del flottante sarà una quota dell’intera capitalizzazione. Dunque, il flottante è quella parte del capitale liberamente negoziabile, in quanto in possesso degli investitori non di controllo, ovvero degli azionisti di minoranza. Infatti, quando una società si quota in borsa, quasi sempre, per non dire sempre, decide di mettere in vendita una quota di minoranza, continuando i vecchi soci a detenerne il controllo.
Al fine di evitare che le azioni offerte siano troppo poche, rispetto al capitale complessivo della società, ciascun mercato regolamentato ha un regolamento, attraverso il quale impone una percentuale minima da quotare, altrimenti l’IPO non viene ammessa.
Vediamo perché è così importante che il flottante libero sia non inferiore a una certa percentuale. Per fare in modo che il prezzo determinato dalla libera compravendita delle azioni sia quanto più efficiente e trasparente possibile. Quando i volumi di negoziazione sono bassi, infatti, bastano operazioni di acquisto o di vendita relativamente contenute per fare fluttuare in un senso o nell’altro i prezzi, mentre un mercato poco liquido comporta rischi crescenti per i detentori dei titoli, in quanto difficilmente riusciranno a liberarsene quando vogliono, se non al costo di subire anche perdite ingenti.
Vediamo come si determina il valore di capitalizzazione di una società. Abbiamo detto moltiplicando il prezzo delle azioni per il loro numero, quello totale, non solamente dei titoli quotati. Ipotizziamo che la suddetta società Alfa abbia venduto sul mercato 10 milioni di azioni ordinarie su un numero complessivo di 50 milioni. La conseguenza è che i vecchi soci continueranno a detenere 40 milioni su 50 milioni di azioni (80%), mentre il mercato deterrà il possesso di un quinto del capitale.
Se con l’IPO si ha che il prezzo di ogni singola azione è pari a 1,50 euro, si ottiene che il valore del flottante è di 15 milioni di euro (1,50 euro x 10.000.000 azioni), mentre la capitalizzazione dell’impresa è di 75 milioni di euro. Come volevasi dimostrare, il capitale vale 5 volte il flottante, perché le azioni immesse sul mercato erano, in effetti, il 20% del capitale.
Attenzione, il flottante non è detto che sia interamente libero, perché un investitore potrebbe acquistare le azioni offerte con finalità di detenzione a medio lungo termine, magari concordando un patto con altri soci. Di conseguenza, il numero delle azioni effettivamente disponibili può essere davvero molto più basso di quello teoricamente quotato in borsa.
Ecco la ragione per cui, a seconda del segmento in cui ci si quota a Piazza Affari, Borsa Italiana pretende che l’IPO preveda l’offerta sul mercato di una percentuale variabile dal 10% fino al 35%. In altre borse, come a Wall Street, si ha la possibilità di quotare anche solo un 5%.
Per quanto sopra detto, la capitalizzazione di una società non è un valore fisso, ma variabile istante per istante, a seconda della variazione del prezzo del titolo durante la seduta. Dunque, quando si afferma che una società capitalizza un certo valore, significa o che si sta prendendo come riferimento l’ultimo valore determinato dal prezzo di chiusura del titolo nell’ultima seduta, oppure alla media dei prezzi delle ultime sedute.
A sua volta, il prezzo di un’azione rispecchia i fondamentali, in primo luogo, l’Ebitda, ovvero l’utile della società prima degli interessi, le tasse e gli ammortamenti. Una società vale, quindi, un certo multiplo dell’Ebitda e, quindi, la capitalizzazione è un certo numero volte questo reddito.
La quotazione in borsa consente agli azionisti di comprendere quale sia la valutazione del mercato dei titoli in loro possesso e consente loro anche di farsi un’idea dell’approvazione o meno della gestione dell’azienda da parte degli investitori. In altri termini, la capitalizzazione è un buon indicatore del grado di efficienza gestionale.