Lo strike price è il prezzo di negoziazione di un titolo per i casi di contratti derivati, dove alla scadenza è consentito a una delle due parti di acquistare o vendere, se volesse esercitare tale diritto. Tale prezzo si distingue generalmente da quello vigente sul mercato alla scadenza data, tranne nel caso in cui le parti lo abbiano previsto con esattezza e inserito nel contratto stipulato.
Parliamo dei contratti di opzione, che possono essere del tipo call o put. I primi assegnano al titolare, dietro il pagamento di un premio, la facoltà di acquistare un titolo sottostante a una certa data o entro una certa data a un dato prezzo, quello strike, appunto, mentre i secondi assegnano al titolare la facoltà di vendere a una certa data o anche prima, sempre dietro il pagamento di un premio e a un prezzo dato.
Quando la facoltà può essere esercitata solo alla scadenza convenuta, siamo dinnanzi a un’opzione di tipo europea, mentre quando è possibile farlo anche prima, l’opzione è di tipo americana.
Dunque, il premio versato dalla parte che si potrebbe avvalere della facoltà di esercitare l’acquisto o la vendita di una massa di titoli rappresenta il costo del contratto medesimo, finalizzato ad assicurarsi una protezione per i casi di aumento o di calo dei prezzi del sottostante sul mercato.
Vediamo di capire meglio con un esempio elementare. Tizio acquista da Caio la facoltà di acquistare a distanza di 3 mesi 1.000 azioni della società SPA al prezzo di 5,00 euro ciascuna, strike price. Per farlo, gli versa un premio di 20 centesimi per azione, spendendo complessivamente 200 euro, 0,20 euro x 1.000 azioni.
Immaginiamo che alla scadenza fissata, il prezzo di tali azioni sul mercato sia pari a 6,00 euro. Tizio troverà conveniente esercitare l’opzione, perché potrà acquistare i titoli per 5,00 euro ciascuno, rivendendoli anche immediatamente al prezzo di mercato e intascando una plusvalenza di 1000 euro. Da tale cifra, in realtà, va dedotto il costo del premio versato, pari a 200 euro, oltre che le commissioni e le imposte sulle transazioni finanziarie. Trascurando queste ultime, diremo che Tizio ha intascato una plusvalenza di 800 euro, avendo vinto la scommessa sulla direzione del prezzo delle azioni date alla scadenza.
Abbiamo imparato, quindi, che quando il prezzo di mercato di un titolo risulta a una certa data prefissata superiore a quello dello strike price, il titolare di un’opzione call trova conveniente esercitare la facoltà acquistata con il versamento del premio. Attenzione, anche se la differenza tra i due prezzi risultasse positiva, ma inferiore a quella del premio versato, sarà ugualmente conveniente esercitare l’opzione di acquisto, perché il costo è stato già sostenuto e al limite la rivendita sul mercato dei titoli conterrà le perdite.
Viceversa, se lo strike price risultasse superiore al prezzo vigente sul mercato alla scadenza data, non sarà conveniente l’esercizio dell’opzione di acquisto, perché significherebbe acquistare i titoli sottostanti a un prezzo superiore di quanto non sarebbe, rivolgendosi al mercato. In questi casi, il titolare dell’opzione subirà una perdita massima, pari a quella del premio versato.
La situazione si ribalta con l’acquisto della facoltà di vendita di uno o più titoli. In questi casi, il titolare dell’opzione put spera che il prezzo di mercato vigente alla scadenza sia inferiore a quello strike, perché ciò implica l’opportunità di vendere alla controparte a un valore superiore di quanto non potrebbe fare, rivolgendosi al mercato.
Esempio, Tizio versa a Caio un premio di 20 centesimi per ognuna delle 1.000 azioni, per le quali pattuisce la facoltà di vendita dopo 3 mesi al prezzo di 6,00 euro. Immaginiamo, che alla scadenza il prezzo delle azioni sul mercato sia di 5,00 euro. Tizio eserciterà l’opzione, in quanto potrà vendere a Caio le azioni a 1 euro in più che sul mercato, realizzando una plusvalenza complessiva di 1.000 euro, dalla quale dovrà, anche in questo caso, sottrarre il costo di 200 euro, corrispondente al premio versato.
Nel caso in cui lo strike price risultasse inferiore al prezzo di mercato, invece, non troverà conveniente esercitare l’opzione, perché dovrebbe vendere a Caio le azioni a un prezzo minore di quello di acquisto in quella data sul mercato. Ciò darà vita a un costo complessivo per Tizio, pari al premio versato.
Dunque, lo strike price possiamo anche definirlo come il valore della scommessa delle parti, evidentemente ciascuna delle quali avendo aspettative contrapposte. Il titolare di un’opzione call spera che il prezzo negoziato risulti inferiore a quello di mercato alla scadenza, il titolare di un’opzione put, invece, si augura che sia superiore.
Poiché le previsioni non sono frutto di una scommessa di puro azzardo, ma di calcoli e aspettative, i prezzi strike rappresentano il termometro di misurazione della direzione attesa dal mercato, in merito a un certo titolo. Denotano, quindi, aspettative rialziste o ribassiste, guidando spesso il mercato stesso nell’una o nell’altra direzione.