I contratti di opzione assegnano al titolare la facoltà, ma non l’obbligo di acquistare o vendere un titolo sottostante a un dato prezzo, strike price, e a una determinata data. Nel caso di facoltà di acquisto si ha un’opzione call, mentre nel caso di facoltà di vendita si ha un’opzione put.
Stiamo parlando di strumenti derivati, che nascono per proteggere dai rischi di volatilità dei prezzi del sottostante, anche se spesso vengono impiegati per finalità speculative, ovvero per lucrare dalle variazioni attese dei prezzi nel tempo, sperando di vincere la scommessa.
Questi contratti si stipulano dietro il pagamento di un premio, che si configura, quindi, quale il prezzo dell’operazione. Per fare in modo che esso sia esercitato, è evidente che debba essere economicamente vantaggioso. Ciò implica che il titolare di un’opzione put si avvarrà effettivamente della facoltà di vendita del titolo sottostante, qualora il prezzo concordato alla scadenza risulti superiore a quello vigente sul mercato in quella data, in quanto ciò significa che la posizione viene chiusa con un margine positivo rispetto al prezzo di mercato. Una precisazione, i valori unitari devono essere moltiplicati per il numero complessivo dei contratti esercitati, al fine di trovare i valori totali.
Ora, le opzioni si dicono out of the money quando lo strike price sarà alla scadenza inferiore a quello di mercato, at the money, quando lo strike price è prossimo al prezzo vigente in quel momento sul mercato, in the money, quando lo strike price risulterà superiore al prezzo di mercato.
Un’ulteriore precisazione riguarda la data alla quale esercitare l’opzione, se essa è solo quella indicata come come scadenza, siamo in presenza di un’opzione di tipo europea, se può essere esercitata anche prima, si ha un’opzione di tipo americana.
Come detto, le opzioni put si acquistano al costo di un premio. Esso deve essere tenuto in considerazione, quando si calcola il risultato dell’operazione. Facciamo un esempio semplice per capire meglio. Immaginiamo di detenere un pacchetto di 1.000 azioni al prezzo corrente di 10,00 euro. In tutto, il nostro pacchetto azionario vale oggi 10.000 euro. Immaginiamo di acquistare al prezzo di 0,50 euro per azione la facoltà di vendere tale pacchetto tra 2 mesi allo stesso prezzo di quello attuale. Risulta essere evidente che chi acquista un’opzione put lo fa perché si aspetta che il valore delle proprie azioni sia destinato a diminuire da qui ai prossimi 60 giorni, altrimenti non avrebbe senso bloccare il prezzo al livello attuale. La domanda èè fino a quando sarà disposto a pagare 50 centesimi per azione per assicurarsi di rivendere le azioni a 10,00 euro ciascuna. Chiaramente, se teme che il prezzo scenderà di oltre 50 centesimi. In quel caso, infatti, egli avrà ottenuto un margine positivo dall’operazione.
Ipotizzando che dopo 2 mesi, il prezzo delle azioni sia sceso a 9,10 euro ciascuna, pagando 0,50 euro, il titolare dell’opzione put si assicura di rivendere le azioni sempre a 10,00 euro, nonostante il prezzo di mercato sia inferiore di 90 centesimi. E tutto ciò al costo di 50 centesimi. In buona sostanza, egli avrà ottenuto un beneficio pari a (strike price – prezzo di mercato – premio) x numero di contratti esercitati. Nel nostro caso, il guadagno è stato di (10,00 euro – 9,10 euro – 0,50 euro) x 1.000 azioni = 400 euro.
La controparte, ovvero chi si è impegnato ad acquistare l’opzione put a discrezione del titolare del contratto, subirà una perdita pari a: (strike price – prezzo di mercato – premio) x numero di contratti esercitati. Nel nostro esempio, la perdita è stata di: (10,00 euro – 9,10 euro – 0,50) x 1.000 azioni = 400 euro.
In altri termini, chi si è assunto l’obbligo di acquistare le azioni al prezzo concordato ha perso la scommessa, in quanto avrebbe potuto acquistare tale pacchetto alla data indicata per 900 euro in meno. A parziale compensazione, però, ha incassato un premio di 500 euro, che ha ridotto la perdita a 400 euro.
Da quanto abbiamo visto sopra, chi acquista la facoltà di rivendere un titolo sottostante a un dato prezzo dietro il pagamento di un premio, lo fa perché ritiene che debba tutelarsi contro il rischio di un ribasso dei prezzi sul mercato. Se mi attendo, infatti, che il prezzo del titolo di cui sono in possesso salirà, non sarò disposto a pagare nemmeno un centesimo per rivenderlo in futuro. Da questo punto di vista, le opzioni put rappresentano il termometro delle aspettative del mercato con riguardo a un titolo o un bene sottostante tradato. Quando il mercato corre a coprirsi con numerose posizioni aperte con i contratti put, sarà il segnale che si hanno aspettative pessimistiche sul sottostante. Al contrario, quando il mercato corre ad acquistare opzioni call, è un segno che si attende un aumento dei corsi sottostanti, per cui cerca di entrare da subito in possesso di contratti, che ne blocchino il prezzo a un livello inferiore a quello atteso alla scadenza.