Lo spread è un termine finanziario molto in voga anche in Italia negli ultimi anni, dopo lo scoppio della crisi dei nostri titoli di stato. Letteralmente significa divario e, in effetti, è questo anche il significato concreto per cui viene utilizzato.
Lo spread a cui abbiamo appena fatto riferimento è il differenziale di rendimento tra i titoli di stato nostrani, ma lo stesso vale per qualsiasi tipo di bond e di emittente, e quelli tedeschi, in riferimento alla medesima scadenza. I Bund emessi dalla Germania sono presi a riferimento, ovvero fungono da benchmark, in quanto godono della massima valutazione da parte delle agenzie di rating e mostrano i rendimenti più bassi in tutta l’Eurozona.
In questi anni, quando abbiamo sentito parlare di spread, il riferimento è stato sempre alla scadenza decennale, cioè la differenza tra i nostri rendimenti sovrani a 10 anni e quelli tedeschi. Cerchiamo di capire perché è così importante misurare questo divario.
I rendimenti di un bond, pubblico o privato, misurano il grado di rischio del soggetto emittente. Più essi sono elevati, maggiore è il rischio percepito dal mercato, in quanto evidenzia come gli investitori siano disposti ad acquistare l’obbligazione solo dietro un premio per il rischio, ovvero un rendimento extra, rispetto ai titoli considerati più sicuri.
L’allargamento del differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi, quindi, è stato giustamente valutato con un senso di allarme, in quanto spia di un maggiore rischio avvertito da parte del mercato con riguardo alla sostenibilità del nostro debito pubblico.
Lo spread è spesso, infatti, più indicativo degli stessi valori assoluti dei rendimenti. Immaginiamo, ad esempio, che il rendimento di un titolo salga nel corso di alcune settimane o mesi. Cerchiamo di capire come interpretare un simile trend. Si potrebbe da un lato considerarlo frutto di un maggiore rischio percepito dell’emittente da parte degli investitori, ma potrebbe anche essere anche la conseguenza di un andamento generale dei tassi sul mercato, che riguarda tutti. Potrebbe anche accadere che entrambi i fenomeni influiscano sull’aumento dei rendimenti.
Per capire quanto sia addebitabile all’una e all’altra causa, quindi, si considera lo spread. Se i rendimenti decennali dei nostri BTp salissero in un mese, poniamo, dall’1,50% all’1,70%, mentre quelli tedeschi passassero nello stesso frangente dallo 0,20% allo 0,30%, notiamo come lo spread tra i 2 titoli sia lievitato di 10 punti base a 140 bp, per cui possiamo affermare che la crescita dei rendimenti dei BTp sarebbe dovuta per metà a un trend generale del mercato, mentre per l’altra metà a cause specifiche, riguardanti l’Italia.
Per quanto appena detto, si comprende come lo spread non ci fornisca alcuna informazione sui livelli assoluti dei rendimenti di un bond, per cui si potrebbe verificare un suo restringimento, ma contestualmente a un aumento del costo di emissione dei titoli a cui ci riferiamo. Esempio, lo spread BTp Bund a 10 anni scende da 150 a 100 bp, ma i rendimenti dei nostri titoli di stato aumentano sulla medesima scadenza di 70 bp, passando per ipotesi dall’1,50% al 2,00%. Per lo stato, ovvero l’emittente, ciò è una cattiva notizia, perché significa che il costo di emissione del debito aumenta, ma poiché anche i rendimenti dei Bund sono saliti, nel caso specifico, più di quanto non lo abbiano fatto i nostri titoli, lo spread risulta inferiore. Viceversa, se i rendimenti dei BTp diminuissero meno di quelli dei Bund, lo spread risulterebbe aumentato, ma il Tesoro risparmierebbe ugualmente dall’emissione dei titoli di stato.
Dunque, non è corretto affermare che l’aumento dello spread in sé comporta un aumento dei costi di emissione del debito, o viceversa, un loro calo. Sicuramente nel primo caso si ha la spia di un deterioramento della fiducia del mercato, mentre un suo restringimento ne segnala un rafforzamento.
Infine, chiariamo che il differenziale a cui ci riferiamo è quello tra i rendimenti dei titoli già emessi e collocati sul mercato secondario, dove quotidianamente vengono negoziati, ossia compravenduti tra privati. Le variazioni su questo mercato influiscono direttamente sui risultati anche delle aste del Tesoro, mercato primario, in quanto segnalano i rendimenti a cui gli investitori sono disposti ad acquistare un determinato titolo a una data scadenza.
Ma di spread sentiamo parlare spesso anche in un’altra occasione, ovvero con riferimento alla contrazione di un mutuo. Le banche applicano, infatti, un tasso fisso, lo spread, al tasso d base, che nel caso di un mutuo a tasso fisso è l’Eurirs, mentre nel caso di un mutuo a tasso variabile è per la gran parte l’Euribor.
Nel primo caso, il tasso del mutuo rimane costante lungo l’intera durata dell’ammortamento, nel secondo varia, al mutare dell’Euribor, che a sua volta risente dell’andamento dei tassi sul mercato. Lo spread applicato resta fisso, in ogni caso, esitando un tasso in crescita, qualora l’Euribor sale, uno in calo, quando l’Euribor scende.