Il benchmark indica nel linguaggio economico e aziendale un punto di riferimento per la valutazione della prestazione di un’attività sul mercato. In sostanza, è un termine di paragone, attraverso il quale un’impresa o un singolo investitore sono in grado di capire se stiano facendo meglio o peggio del mercato o se siano nella media.
Chiaramente, non esiste un unico benchmark per ogni settore di attività e non è univoca la sua individuazione.
In genere, il benchmark è il risultato ottenuto da un’attività o ente, che si siano distinti rispetto al resto del mercato. Facciamo un esempio. Ipotizziamo che un Comune voglia comprendere se la sua politica di gestione del personale amministrativo sia efficiente o se rispetto agli altri Enti locali abbia, al contrario, ancora un diverio. Per questo, fissa, anzitutto, il risultato obiettivo da confrontare e verifica quale ente abbia fatto meglio in Italia o in una realtà geografica più circoscritta. Sempre come ipotesi, immaginiamo che il confronto avvenga con riferimento al rapporto tra la spesa impiegata per il mantenimento del personale dei vari uffici comunali e la mole di pratiche evase nell’arco di un anno. Se si scopre che il Comune X in Italia è stato il più efficiente, avendo registrato il minore rapporto tra tutti gli enti locali, con un esito pari a 100, evidentemente è questo il benchmark con cui confrontare i propri risultati.
Dunque, più ci si avvicina al benchmark e maggiore è la forza del risultato ottenuto, mentre se si riesce a batterlo, evidentemente si è stati in grado di fare persino meglio. Infine, se le distanze con il benchmark si ampliano, è il segno che il grado di efficienza registrato tenderebbe a ridursi, almeno in termini relativi, ovvero nel confronto con gli altri Comuni, che abbiano fatto bene.
Uno dei benchmark più diffusi è al centro delle cronache finanziarie quotidiane da anni. Parliamo dello spread tra i BTp e i Bund sulla scadenza a 10 anni. I titoli di stato tedeschi sono quelli che godono in Europa del migliore rating da parte delle agenzie internazionali, ovvero della valutazione più elevata, espressa in lettere da AAA. Pertanto, i loro rendimenti sono i più bassi nell’Eurozona, in quanto si tratta dei bond, considerati i più sicuri di tutti.
Quindi, è naturale che fungano da termine di confronto per valutare quanto il mercato stimi il rischio default nei titoli del proprio paese e a quale maggiore rendimento rispetto a quello dei titoli tedeschi sia disposto a comprarseli.
La conseguenza è che quando i rendimenti di un bond tendono a crescere, in relazione a quelli tedeschi per la medesima scadenza, il mercato sta stimando un aumento relativo del rischio nell’investire in quel titolo, per cui il segnale è negativo. Al contrario, se il rendimento di un titolo stringe rispetto a quello di un omologo titolo emesso dalla Germania, ciò segnala una riduzione relativa del grado di rischio percepito dal mercato.
Nel mondo finanziario, economico e aziendale, i benchmark sono frequenti e si utilizzano per valutare le prestazioni registrate. Guardiamo un attimo a un fondo d’investimento, che potrebbe avere come obiettivo quello di battere il rendimento di un titolo obbligazionario a breve termine. Questo rappresenta, infatti, il risultato che l’investitore avrebbe ottenuto, puntando su un titolo a basso rischio. Se il benchmark viene battuto, il fondo potrebbe essere soddisfatto della performance, mentre se non venisse centrato, sarebbe un fallimento nelle sue strategie d’investimento a breve.
Anche le aziende, dicevamo, utilizzano di frequente numerosi benchmark. Uno di questi potrebbe essere rappresentato dal rapporto tra utile e ricavi o anche marginalità. Esso sintetizza la capacità di un’attività di generare utili, in rapporto al fatturato. Più tale rapporto è elevato, maggiore è il grado di efficienza dell’impresa, viceversa si avrebbe una scarsa efficienza gestionale.
In questo caso, è evidente che il benchmark debba essere ricercato tra la migliore performance registrata da un’azienda operante nello stesso settore e area geografica, altrimenti non avrebbe senso il confronto, una cosa è il rapporto tra utile e fatturato di una compagnia telefonica, un’altra di un’azienda produttrice di elettrodomestici.
Il benchmark potrebbe anche essere il risultato migliore ottenuto dalla stessa azienda in passato, che in un arco di tempo dato, rappresenta quello a cui fare riferimento e a cui tendere. Se nell’anno X, la quota di mercato è stata, per ipotesi, del 30%, la percentuale massima mai raggiunta, è questa quella con cui confrontarsi nell’anno o negli anni successivi, per cui se si registra una crescita, il benchmark è stato battuto, se si ha un calo, evidentemente si è fatto almeno peggio della concorrenza.
Il dato con cui confrontare la propria performance suggerisce, quindi, la bontà o meno del percorso seguito in fase di investimento e di produzione di un’attività, fosse anche la gestione della cosa pubblica. Di conseguenza, può venire in aiuto per farci comprendere se sia il caso di introdurre qualche correttivo o di stravolgere persino il modello di business o, se al contrario, la direzione non sia quella giusta.