Le operazioni di liquidazione di un’azienda sono piuttosto frequenti e possono comportare problemi di natura interpretativa con riferimento all’applicazione della prassi contabile in una fase straordinaria della’attività aziendale, facendo sorgere qualche dubbio, per esempio, sul rispetto dell’OIC, Organismo Italiano di Contabilità, n.5.
Le rettifiche di liquidazione sono determinate dalla differenza tra valore di funzionamento e valore di liquidazione delle attività e delle passività in un’azienda, oltre che dal valore di eventuali nuove attività e passività prima non registrate nel bilancio. Queste scritture danno origine a variazioni del patrimonio netto contabile, concorrendo a formare il patrimonio netto iniziale di liquidazione. Di conseguenza, le rettifiche di liquidazione aumentano o diminuiscono il patrimonio di rendiconto e non influiscono sul risultato economico del primo periodo di liquidazione.
Per capire meglio di cosa parliamo, facciamo un esempio. Supponiamo di dovere svalutare una posta dell’attivo da 100 a 70. Il nuovo valore aggiornato diviene il termine di paragone per determinare eventuali plusvalenze o minusvalenze realizzate con la cessione del bene in fase di liquidazione, mentre da un punto di vista fiscale il valore del bene continua a rimanere 100.
Dunque, immaginiamo che la cessione del bene in oggetto faccia incassare all’azienda 40. In questo caso, sorgerà una minusvalenza contabile pari a 30, mentre quella fiscale sarà di 60. A questo punto ci potrebbe chiedere se si può dedurre fiscalmente tutta la plusvalenza pari a 60 o se lo si può fare solo limitatamente a quella contabile, pari nel nostro caso a 30. Il dubbio è legittimo, in quanto parte della minusvalenza così realizzata non è transitata per il conto economico, presupposto necessario per l’art.109 del T.U.I.R.
Tuttavia, a parere dei dottori commercialisti, la quota di minusvalenza fiscalmente deducibile è quella intera. Questo perché per la parte corrispondente a 30 è transitata dal conto economico, mentre per l’altra parte, corrispondente sempre a 30, cioè 60 – 30, ha avuto riflessi sul patrimonio netto. Quindi, risulta confermata la prassi per la quale le variazioni patrimoniali registrate sono da considerarsi sostitutive, ai fini della deducibilità fiscale, di quelle del conto economico.
Del resto, se così non fosse, vi sarebbe una quota della minusvalenza non deducibile con conseguenze distorsive sul piano contabile. Per esempio, si forzerebbe il liquidatore a fare transitare dal conto economico tutta la quota, ovviamente apportando un’iniziale variazione positiva in sede di dichiarazione dei redditi, in modo che l’intera minusvalenza possa essere deducibile fiscalmente con la successiva liquidazione dell’asset.
La legge di Stabilità 2014 ha rafforzato tale convinzione, modificando l’art.101 del T.U.I.R. e rendendo pienamente deducibili le perdite sui crediti derivanti da stralci imposti dalla prassi contabile.
Come stiamo comprendendo, le rettifiche di cui parliamo riguardano la fase di liquidazione dei cespiti aziendali. Questi mutano sostanzialmente la loro destinazione d’uso, perché passano dall’essere beni finalizzati alla produzione di reddito a meri componenti del patrimonio da liquidare per fare cassa. Dunque, il capitale aziendale passa da dinamico a una finalità conservativa. Pertanto, come spiega il principio contabile OIC n.5, le poste patrimoniali in fase di liquidazione non si fondano più sulla prospettiva di una continuità aziendale, ma su quella di produzione di risorse finanziarie. A questo proposito, le attività del patrimonio vanno valutare al presumibile prezzo di realizzo, supposta una cessione entro tempi brevi, non potendo più essere oggetto di ammortamento e perdita durevole di valore. Quanto alle passività, vanno valutate al presumibile valore di estinzione, interessi inclusi, ovvero alla somma che dovrà essere sostenuta per estinguerle.
Proprio il passaggio da un criterio di valutazione all’altro comporta rettifiche di liquidazione, dato l’impatto che ciò comporta sul piano patrimoniale. Il saldo di tali rettifiche, sia esso attivo o passivo, viene imputato al passivo dello stato patrimoniale e successivamente al patrimonio netto aziendale.
Vediamo cosa succede se, anche in presenza di una liquidazione dell’attività aziendale, l’assemblea dei soci ne delibera la continuazione temporanea. I criteri di valutazione che i liquidatori dovranno applicare saranno quelli ordinari, ovvero finalizzati al funzionamento del capitale, ma tenendo conto di quanto disposto dall’OIC n.5. Quindi, per le attività, non essendo in programma una loro cessione singolarmente considerate, non si può applicare la valutazione del valore di realizzo per stralcio. Risulta essere possibile derogare a questo, qualora vi sia già un impegno contrattuale per la vendita in blocco dell’azienda a un valore superiore a quello contabile netto. La differenza va eventualmente registrata all’attivo dello stato patrimoniale come avviamento derivante dalla cessione in blocco dell’azienda.
Quanto alle passività, ne vengono mantenuti i valori di bilancio, integrandoli con i fondi rischi e oneri per eventuali passività, certe e probabili, non registrate nel rendiconto di gestione consegnato agli amministratori.
Su questo punto è importante precisare che i componenti positivi e negativi in fase di liquidazione e allocati al fondo rischi e oneri al momento della effettiva competenza, vanno sterilizzati alla voce Utilizzo fondo. Questa sterilizzazione si rende necessaria, in quanto gli stessi costi e ricavi risultano già allocati al fondo nella fase iniziale di liquidazione.