I fondi comuni di investimento sono società attive nell’intermediazione finanziaria che hanno lo scopo di investire il risparmio raccolto tra i clienti in asset, allo scopo di creare valore in loro favore. Sono tre i soggetti fondamentali, che ruotano attorno a tale gestione, i cosiddetti fondisti, ovvero i partecipanti del fondo, che altro non sono che i risparmiatori. Essi acquistano una quota del fondo e confidano che questa cresca di valore, in modo che nel tempo possano maturare una plusvalenza, la società di gestione del risparmio, che è il gestore operativo del fondo, colei che si occupa di creare valore per i clienti, la banca depositaria, quella in cui i titoli sono materialmente depositati e che vigila sulla liceità delle operazioni svolte dal fondo.
Esistono diverse tipologie di fondi, tre delle quali sono le principali, i fondi azionari offrono generalmente un rendimento superiore agli altri nel tempo, ma sono anche più rischiosi, perché investono principalmente, ma non solo, in titoli azionari e obbligazioni convertibili. In realtà, questi asset non esauriscono l’intero investimento del fondo, perché tra questi troviamo anche obbligazioni ordinarie e titoli di stato, in genere.
I fondi obbligazionari sono più sicuri, ma per questo offrono anche rendimenti inferiori. Essi investono principalmente in obbligazioni. Molti fondi pongono per statuto una limitazione agli investimenti, che possono essere realizzati solo tra i bond con rating investment grade, al fine di comprimere il rischio e di minimizzare anche i rischi.
Infine, troviamo i fondi bilanciati, così chiamati, perché investono in un misto di azioni e obbligazioni, per cui presentano un profilo di rischio medio, così come medio è il rendimento offerto, inferiore generalmente a quello esitato da un fondo azionario, ma superiore a quello di un fondo obbligazionario.
Quando si investe in un fondo, bisogna tenere in considerazione alcuni costi. Per prima cosa, occhio alle commissioni d’ingresso. Si tratta di un costo che il gestore applica in percentuale al valore dell’investimento e che deve essere versato tecnicamente all’atto dell’acquisto della quota. Supponiamo che tu abbia acquistato una quota pari a 100 di un fondo e che la commissione d’ingresso sia il 2%. Il gestore ti sottrae 2 da 100 e, pertanto, il valore iniziale della tua quota sarà 98 e non più i 100 investiti.
Per incentivare i clienti a investire a medio lungo termine, molte commissioni di ingresso vengono sostituite da commissioni di uscita decrescenti, nel senso che diminuiscono in termini percentuali sul valore dell’investimento, in rapporto alla durata dell’investimento. Esempio, il fondo mi applica la commissione non all’inizio dell’investimento, ma all’atto del disinvestimento, ossia del ritiro della quota. Esso potrebbe farmi pagare il 2%, se esco dall’investimento entro i primi 12 mesi, l’1,5% se esco dopo 12 o 24 mesi e magari niente, se vendo la quota dopo i 24 mesi. Ogni fondo ha la sua politica al riguardo, per cui è bene tenere in considerazione tale aspetto.
Oltre alle commissioni di ingresso e di uscita, il fondo applica di solito anche la commissione di gestione. Si tratta di un costo percentuale annuo, ma nella sostanza prelevato con cadenza trimestrale o semestrale dalla quota dell’investitore, che mira a remunerare il gestore per la sua attività in favore della clientela.
Infine, tra i costi troviamo le commissioni di performance. Si tratta di un prelievo applicato sull’investimento, qualora il fondo sia stato in grado, in un dato periodo, di ottenere risultati migliori dei concorrenti. Per esempio, un fondo obbligazionario ha reso il 3% nell’anno X, mentre la media del mercato per l’anno è stata del 2%. Grazie alla migliore performance, il gestore si premia, prelevando dai clienti una parte di quel guadagno superire rispetto alla media del mercato.
Vediamo quale risulta essere il vantaggio di un fondo rispetto a un investimento individuale. Anzitutto, esso è gestito da operatori specializzati, che godono di un flusso di informazioni ignote al resto della popolazione, grazie alle quali potranno assumere decisioni di investimento più accorte. Inoltre, smobilitano un’enorme massa di denaro, che in effetti è in grado nella quotidianità a volte di muovere i prezzi nella direzione desiderata. Infine, possono frazionare questa massa di liquidità in una miriade di titoli di società emittenti diverse, appartenenti a settori diversi e dislocate in varie aree del pianeta, tale da minimizzare i rischi e le perdite.
Tra i fondi troviamo una particolare categoria, chiamata Etf, Exchange traded fund, il cui obiettivo è una gestione passiva dell’investimento, ossia puntano a replicare l’andamento di un indice sottostante, non di fare meglio di esso, come accade, invece, con un fondo ordinario, che punta a battere il mercato. Esempio, un fondo Etf punta a replicare l’andamento dell’S&P 500. Il rendimento che dovremo attenderci alla fine di un dato periodo è esattamente quello esitato dall’indice di Wall Street nello stesso arco di tempo. Se è cresciuto del 5%, poniamo, l’Etf ci offrirà un incremento intorno a questa percentuale, se è sceso del 2%, l’Etf decrescerà di altrettanto.