Il cost/income è un indicatore di redditività, utilizzato per lo più nel settore finanziario. Il suo significato è simile a quello di margine operativo, ma a differenza di questo esso segnala maggiore efficienza per valori più bassi.
Molto in uso per le banche, esso indica il rapporto tra i costi operativi e il margine di intermediazione. Nei bilanci delle banche, questo è uguale alla somma tra margine di interesse, commissioni nette, dividendi e proventi simili, risultato netto dell’attività di negoziazione, risultato netto dell’attività di copertura, utili o perdite e risultato netto delle attività e passività finanziarie valutate al fair value.
Quando si effettua il confronto tra il sistema bancario italiano e quello degli altri paesi europei, si scopre che le nostre banche sono meno redditizie, come ci segnala il Roe, Return on equity, ma allo stesso tempo mostrano un rapporto cost/income più basso, pari a quasi il 60% contro il 68% della media europea.
Dunque, l’incidenza dei costi operativi sul margine di intermediazione è mediamente più basso per le banche italiane che per quelle nel resto d’Europa
Più in generale, il cost/income ratio è il complemento a 1 del margine sulle vendite realizzate dalle banche, per cui un suo incremento indica un peggioramento della gestione. Esso, però, non tiene conto dei costi fissi, come gli ammortamenti e gli accantonamenti.
In questo si ha la ragione essenziale, per la quale le banche in Italia sarebbero più efficienti nella gestione, mostrando un rapporto tra costi e margine più basso, ma i loro bilanci segnalerebbero una minore solidità patrimoniale. Infatti, tenendo presente gli accantonamenti effettuati a copertura delle sofferenze, si registrano anche ingenti passivi. Consideriamo che allo stato attuale le sofferenze bancarie sono pari a 200 miliardi di euro in tutto nel nostro paese e i crediti dubbi ammontano a complessivi 360 miliardi. Questi risultano coperti per circa la metà. Dunque, a fronte di un rapporto cost/income più basso, il risultato finale è spesso più negativo in Italia che negli altri paesi europei, da cui anche il Roe inferiore.
Vediamo cosa può significare un incremento del rapporto cost/income. Essenzialmente, che i costi operativi starebbero salendo più velocemente del reddito di intermediazione. In realtà, potrebbe anche accadere che sia i costi che il margine diminuiscano, ma poiché i primi lo fanno più lentamente dei secondi, il rapporto ne risulta accresciuto.
Dunque, quando analizziamo le variazioni di questa ratio, è importante non cadere in errore. Un aumento non equivale automaticamente a un aumento dei costi, ma semmai a una loro maggiore incidenza sul margine. Viceversa, un calo del rapporto potrebbe riflettere una crescita maggiore del margine di intermediazione rispetto ai costi.
La precisazione è importante per evitare risposte sbagliate a una variazione del cost/income. Quando si entra in una fase di contrazione dell’attività economica, infatti, le banche registrano spesso inizialmente un innalzamento di tale rapporto, dovuto al fatto che l’attività di intermediazione si restringe, mentre non sempre è possibile adeguare i costi operativi nell’immediato. Per esempio, a fronte di un calo degli interessi applicati sui prestiti, a causa del deterioramento delle condizioni del mercato e dei volumi dei finanziamenti erogati, molti costi operativi restano incomprimibili, perché le spese per il personale rimangono tendenzialmente stabili. Chiaramente, se la crisi si prolunga, la banca reagirà razionalizzando la gestione delle sue filiali, tagliando anche parte del lavoro dipendente e comprimendo così i costi.
Attenzione, non è detto che questa possa essere la risposta corretta e non è sempre possibile e consigliabile tagliare tali costi oltre un certo limite. Senza un’adeguata presenza di bancari agli sportelli, di promotori, di dirigenti, la funzionalità stessa della banca ne risulterebbe compromessa.
A parte il caso delle fasi cicliche, un rapporto cost/income relativamente elevato rispetto alla media del mercato potrebbe essere la spia di un’inefficienza strutturale, per esempio, dovuta alle piccole dimensioni dell’istituto di credito. Per questo, l’indicatore di redditività potrebbe suggerire che la banca debba espandersi, o attraverso un adeguato piano di investimenti, o attraverso fusioni e acquisizioni con altri istituti.
Infatti, quando due o più banche si fondono, nell’immediato si sommano i loro margini di intermediazione, mentre i costi operativi tendono ad essere inferiori alla somma di quando gli istituti operavano singolarmente. Ciò, perché con la fusione si tagliano le filiali che si sovrappongono, per cui si pagano minori stipendi per il personale, minori affitti per i locali, minori spese per il loro mantenimento.
Un basso cost/income potrebbe anche riflettere una migliore qualità del credito, perché suggerirebbe che la massa dei finanziamenti erogata esita un margine di intermediazione migliore, magari grazie alle minori sofferenze e alle minori procedure per la riscossione.
Infine, è evidente che quando la crisi riguarda la generalità del mercato, a causa di una possibile crisi economica, le variazioni del rapporto cost/income diventano meno significative singolarmente prese, mentre andrebbero più opportunamente raffrontante con quelle degli altri istituti, per valutare se la reazione allo scenario avverso stia avvenendo in maniera più o meno efficiente della media.