La vendita allo scoperto, o short selling, è una tecnica di investimento tesa a realizzare un profitto puntando sul trend ribassista di un titolo o una valuta. Pertanto, è considerato uno strumento speculativo al ribasso sul prezzo di un titolo, sintomo di attese negative su di esso.
Ma vediamo in che cosa consiste questa tecnica, negli ultimi anni al centro di polemiche, tanto da essere stata vietata di recente da una direttiva comunitaria per i titoli di stato emessi dalla UE.
In sostanza, si tratta di scommettere, come dicevamo, sul ribasso del prezzo di un titolo o del tasso di cambio tra una coppia di valute. In questi casi, l’investitore non dispone materialmente del titolo, che vorrebbe vendere sul mercato, per cui se lo fa prestare da un intermediario o broker, in molti casi da una banca, cedendolo immediatamente a terzi al prezzo vigente in quel momento sul mercato secondario, attendendosi un ribasso del relativo prezzo.
L’intermediario presta il titolo, o meglio, un pacchetto di titoli dietro un determinato compenso, che potrebbe consistere in una percentuale del prezzo degli stessi, a volte in funzione del tempo del finanziamento, o in una commissione fissa. Ovviamente, i titoli dovranno essere restituiti dall’investitore al broker entro una scadenza concordata. Prima che questa arrivi, l’investitore restituisce i titoli, sperando che nel frattempo siano diminuiti di prezzo, in modo da avere realizzato per questa via una plusvalenza.
Se il funzionamento non vi è chiaro, facciamo un esempio per capire meglio, Tizio si aspetta che il prezzo delle azioni della società SPA diminuisca presto di una data percentuale. Per questo, chiede alla banca Alfa 100 azioni SPA, che gli vengono consegnate al prezzo di 1,00 euro. Pertanto, Tizio avrà speso complessivamente 100 euro. La banca gli sollecita la restituzione entro 90 giorni e applica all’operazione una commissione fissa di 5 euro. Tizio rivende immediatamente tutte le 100 azioni SPA al prezzo in vigore sul mercato in quel momento, ovvero a 1,00 euro, incassando subito 100 euro.
Poniamo che il prezzo delle azioni SPA diminuisca nel corso dei giorni e delle settimane successive, tanto da scendere a 85 centesimi dopo 70 giorni. A quel punto, Tizio decide di riacquistare 100 azioni SPA, spendendo 85 euro in tutto. Restituisce i titoli alla banca Alfa, oltre alla commissione da 5 euro. In totale, quindi, ha incassato 100 euro e ne ha spesi 90 (85 + 5), per cui ha realizzato una plusvalenza di 10 euro o del 10% (10/100). Non male in poco più di due mesi.
Chiaramente, Tizio ha vinto la scommessa, anche se sarebbe potuta andare diversamente. Invece che diminuire, il prezzo delle azioni SPA sarebbero potute salire, per cui l’investitore si sarebbe trovato costretto entro la scadenza data a riacquistare sul mercato i titoli a un prezzo superiore a quello di vendita, subendo una minusvalenza.
Con la vendita allo scoperto, o short selling, l’investitore realizza un profitto dalla previa cessione di titoli successivamente riacquistati a un prezzo inferiore a quello iniziale di vendita, quando tale differenza risulti maggiore del compenso richiesto dal broker per il finanziamento dell’operazione con la consegna materiale dei titoli oggetto dell’investimento.
Da notare come qui si abbia un ribaltamento della tempistica delle operazioni tipiche di un investimento: i titoli vengono prima ceduti e successivamente acquistati, ovvero si ottengono prima gli incassi e dopo le spese, nella speranza che queste ultime siano inferiori ai primi.
Esiste una particolare tecnica di vendita allo scoperto nuda, ossia non assistita dalla disponibilità materiale di titoli. In sostanza, l’investitore vende titoli senza possederli, nemmeno in prestito, ma impegnandosi con l’acquirente a consegnarglieli entro una certa data. In altri termini, in questo caso non interviene alcun intermediario finanziario e non si hanno praticamente costi, oltre a quelli per il riacquisto dei titoli.
Visto che questa tecnica ribassista viene accusata di incentivare la speculazione contro alcuni titoli, ne è stata vietata di recente l’utilizzo per i titoli di stato emessi nei paesi dell’Unione Europea.
Va chiarito che si tratta certamente di speculazione, ma lo stesso dicasi per quella più comunemente nota, ossia dall’impronta rialzista, tesa a realizzare un profitto scommettendo sul rialzo del prezzo di un titolo acquistato.
Peraltro, la vendita allo scoperto consente al mercato di restare liquido anche nelle fasi calanti. Immaginatevi se nessuno acquistasse o vendesse, quando i corsi dei titoli fossero in calo. Ne risulterebbe un mercato paralizzato. Il fatto, invece, che esistano investitori disposti a scommettere anche sul ribasso del prezzo di uno o più titoli aumenta la liquidità, attraverso il sostegno delle transazioni nelle fasi negative.
Infine, va detto che se uno o più investitori iniziano a scommettere sul ribasso di un titolo, è evidente che lo facciano per via di un’analisi sul rapporto tra prezzi e fondamentali e, quindi, la vendita allo scoperto non è la causa del calo dei prezzi dei titoli posti nel mirino della speculazione, quanto il sintomo di previsioni negativi su di essi.