Se vi siete avvicinati da poco alla borsa, avrete sicuramente sentito parlare di price/earning ratio, rapporto prezzo utili, espresso anche come P/e. Si tratta, in effetti, di uno dei più importanti indicatori per cercare di capire se un titolo azionario sia o meno sopravvalutato e se, quindi, convenga comprarlo o venderlo.
Il price/earning ratio è semplicemente il rapporto tra il prezzo di un’azione e l’utile maturato dalla società. Chiaramente, questo è rapportato a sua volta alla singola azione. Vediamo perché si tratta di un indicatore importante per chi investe. Immaginate di disporre di una somma liquida e che dobbiate decidere di investirla nelle azioni della società Alfa o nelle azioni della società Beta, supponendo che Alfa e Beta siano attive nel medesimo settore. Possiamo ipotizzare, per esempio, che si tratti di case di abbigliamento sportivo. Il price/earning ratio è uno dei criteri che è possibile utilizzare per fare questa scelta. Esso ci segnala il rapporto tra il prezzo a cui attualmente il titolo quota e i profitti realizzati negli ultimi x trimestri. Per ipotesi, possiamo immaginare di porre al denominatore gli ultimi 12 mesi. Il rapporto esprime il multiplo assegnato dal mercato agli utili aziendali. Più esso sarà elevato, più alta la valutazione della società quotata.
Se trovassimo, quindi, che le azioni della società Alfa quotano a 15 volte l’utile e che quelle delle società Beta a 20 volte l’utile, dovremmo dedurre che la prima sia meno valorizzata della seconda, ovvero che vi sarebbe maggiore potenziale perché crescano le azioni Alfa rispetto alle azioni Beta, in quanto queste sarebbero state già prezzate più alte delle prime. In realtà, prima di procedere con la spiegazione, dobbiamo fare qualche precisazione.
Abbiamo parlato di utile maturato nell’ultimo periodo, ma spesse volte si fa riferimento all’utile atteso nell’esercizio in corso. Dunque, il P/e ratio non è detto che sia un valore certo, ma spesso risulta frutto di una stima, appunto, di un’attesa sull’utile ancora da realizzare della società in questione. Se questo è vero, allora un’azione potrebbe risultare in un dato momento apparentemente sopravvalutata, ma per il solo fatto che il mercato sta stimando una crescita sostenuta dell’utile. Si pensi alle azioni della Big Tech americana. Quando Facebook sbarcò in borsa nel 2012, lo scetticismo tra gli investitori fu altissimo, dato che la società non aveva ancora maturato utili e quotava a multipli enormi rispetto agli stessi ricavi per azione. Tuttavia, quello fu il segno di una scommessa del mercato verso una crescita esplosiva del social, cosa che avvenne e premiò quanti ebbero fiducia in sede di IPO.
Dunque, potrebbe accadere che il P/e ratio più basso per un titolo rispetto a un altro concorrente non funzioni da segnale di acquisto, riflettendo aspettative minori sugli utili futuri. Aspettative che chiaramente potrebbero anche andare disattese in un senso o nell’altro per ogni titolo.
Vediamo quale potrebbe essere il P/e ratio di riferimento per capire se un titolo è sottovalutato o sopravvalutato e deve , quindi, essere comprato o venduto. Di certo, bisogna rapportare tale valore alla media del comparto in cui il titolo è quotato. Per esempio, se sto acquistando un’azione di Goldman Sachs, devo fare attenzione al suo P/e ratio rispetto alla media del comparto finanziario dell’indice SP 500 di Wall Street. Questo per avere un’idea precisa di quanto sia eventualmente sopravalutata o sottovalutata rispetto a banche o società finanziarie concorrenti. Dovremmo anche fare attenzione, poi, alla media storica del P/e ratio dello stesso titolo, in modo da capire la dinamica negli anni. Se verifico, per esempio, che il titolo X quota oggi a 15 volte l’utile, mentre negli ultimi 10 anni ha quotato mediamente 20 volte l’utile, evidentemente il prezzo è sottovalutato o anche ipervenduto, per cui potrebbe convenire acquistarlo, al netto delle considerazioni sopra espresse con riferimento alle aspettative. Nemmeno questo dato, però, va preso con assolutezza, perché un P/e ratio costantemente in crescita per una società segnala prospettive più ottimistiche del mercato sulla sua capacità di realizzare utili futuri. Pertanto, serve un’analisi congiunta tra P/e ratio del comparto, del singolo titolo e media storica dell’uno e dell’altro.
Il P/e ratio può anche essere inteso come il numero di anni necessari per recuperare l’investimento. Se posseggo azioni che quotano 10 volte l’utile, per azione, significa che avrò bisogno di 10 anni per recuperare l’investimento, atteso che il 100% dell’utile realizzato ogni anno venga distribuito in forma di cedole, il che chiaramente non avviene mai, avendo ogni società la necessità di accantonare utili a riserva per capitalizzarsi. In ogni caso, le riserve di utili stesse sostengono il prezzo del titolo, segnalando al mercato una robustezza patrimoniale in grado, per esempio, di finanziare in autonomia un piano di investimenti, senza ricorrere interamente all’indebitamento, che è oneroso per le casse aziendali.