L’obiettivo della gestione finanziaria di un’azienda è sempre quello di garantire che questa sia in grado in ogni momento di affrontare gli obblighi a breve termine, conservando un’autonomia rispetto a soggetti esterni, come le banche. Il margine di tesoreria è una prima misura di segnalazione del grado di indipendenza finanziaria di un’attività e può essere definito come il valore assoluto che esprime la capacità di sostenere le passività a breve scadenza, utilizzando le disponibilità liquide e le attività prontamente liquidabili.
Lo stesso concetto si applica al bilancio pubblico. Ogni mese, quando la Banca d’Italia fornisce gli aggiornamenti sul livello del debito pubblico, segnala le cause di questa variazioni e chi segue questi dati periodici sa che una di queste consiste nell’aumento o nella riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro, ovvero il debito pubblico può crescere o diminuire non solo e non sempre per il fabbisogno finanziario della Pubblica Amministrazione nelle sue suddivisioni territoriali, quanto anche, e spesso,soprattutto, per il fatto che il Tesoro accresce la liquidità disponibile, emettendo più titoli di stato di quanti ne avrebbe bisogno. In un certo senso, esso accumula liquidità da impiegare nei mesi successivi, quando servirà, mettendosi al riparo da eventuali turbolenze sui mercati finanziari.
Nel caso di un bilancio statale, se sentiamo dire che il governo centrale dispone di un margine di tesoreria di 50 miliardi, significa che esso detiene un simile importo eccedente le passività a breve scadenza. Queste possono essere di natura finanziaria, titoli di stato in scadenza, oltre che spesa corrente e in conto capitale, stipendi pubblici, pagamenti verso fornitori e investimenti.
Tornando al caso di un’azienda, il margine di tesoreria sarà la differenza positiva tra la liquidità di cassa e le attività prontamente liquide e le passività a breve scadenza. Le attività liquide consistono in crediti commerciali a breve termine, come dilazioni di pagamento concessi ai clienti, ma anche investimenti finanziari smobilizzabili con relativo scarso anticipo, come titoli di stato o asset facilmente rivendibili sul mercato, grazie all’elevato grado di liquidità.
Il periodo di riferimento per valutare la congruità o meno del margine di tesoreria è, in genere, 12 mesi. Nel linguaggio economico finanziario, infatti, si è soliti definire breve termine quello che copre un anno, mentre successivamente si parla di medio termine e, in genere, oltre i 3 o 5 anni siamo già nell’ambito del lungo periodo. Pertanto, un’azienda dispone di un margine di tesoreria positivo, se la somma tra la sua liquidità di cassa, i suoi crediti di natura commerciale, ma anche eventualmente finanziaria, oltre che i suoi conti bancari e gli investimenti finanziari risultino entro i 12 mesi superiori alle passività attese, tenuto conto che le attività non immediatamente liquide come il denaro devono essere tramutabili in esso entro questo arco temporale.
Il margine di tesoreria è, quindi, diverso dalla posizione finanziaria netta di una società. Questa è la differenza tra le attività finanziarie di breve, medio e lungo termine e le passività a breve, medio e lungo termine. In altre parole, una società potrebbe registrare un margine di tesoreria negativo, ma una posizione finanziaria netta positiva, in quanto le passività a breve risultano essere superiori alle attività a breve, mentre allargando l’orizzonte temporale al lungo periodo, le attività risultano essere superiori alle passività.
Chiunque gestisca una società dal punto di vista finanziario non può compiacersi solamente della posizione finanziaria netta, senza tenere in considerazione il margine di tesoreria, perché rischierebbe di imbattersi in problemi di liquidità, che danneggerebbero la reputazione dell’azienda e sua stessa capacità di restare sul mercato a condizioni competitive. Supponendo, per esempio, che la somma della massa attiva di una società sia superiore alla sua massa debitoria, potrebbe accadere, però, che le scadenze delle passività siano spostate per lo più nel breve termine, mentre la liquidità e le attività prontamente liquide potrebbero essere insufficiente a coprirle, in quanto grossa parte dei crediti e delle altre attività ha scadenze medio lunghe o non possono essere smobilitate entro breve. Ecco, quindi, che una gestione oculata dovrebbe tendere a mantenere sempre un equilibrio anche nel breve periodo, altrimenti potrebbe essere danneggiata anche la posizione finanziaria di lungo termine.
Nel caso di assenza di un margine di tesoreria, infatti, l’azienda potrebbe dovere ricorrere all’indebitamento in emergenza per tamponare una potenziale crisi di liquidità, ma ciò si tradurrebbe in un aggravio dei costi e, quindi, in una riduzione sia del reddito finale d’esercizio che della posizione netta positiva. Alternative possibili, ma non sempre auspicabili, per fronteggiare una simile situazione potrebbero consistere nella trasformazione in attività liquide delle rimanenze di magazzino o il rinvio di alcuni pagamenti in scadenza. Dicevamo, alternative non sempre possibili o auspicabili, nel primo caso, potrebbe rendersi necessario svendere le scorte disponibili per fare cassa, quando attendendo i tempi ordinari si maturerebbero ricavi maggiori, mentre nel secondo caso si potrebbe accusare un danno di reputazione, che non sempre è facilmente recuperabile in breve tempo.