I debiti tributari di una società vanno registrati nel passivo dello stato patrimoniale alla voce D12), trattandosi di passività per imposte certe e di ammontare determinato, siano esse relative a imposte dirette o di altra natura. I debiti di ogni singola imposta vanno registrati al netto di ritenute d’acconto, crediti d’imposta e acconti che siano legalmente compensabili, mentre nel caso di richiesta di rimborso, l’importo del debito tributario va registrato al lordo e alla voce crediti C.II.5 dell’attivo patrimoniale bisogna indicare la somma corrispondente al rimborso richiesto. Questo perché i tempi di un rimborso non sono mai certi, per cui non risulta possibile registrare la somma come se fosse stata già riscossa. I debiti tributari, inoltre, fanno riferimento anche a importi accertati e contenziosi divenuti definitivi.
In genere, i debiti tributari hanno scadenza nell’esercizio, ma se questa dovesse andare oltre l’esercizio, i relativi importi vanno segnalati in maniera distinta. Ciò accade, per esempio, nel caso di adesione a un condono, che prevede in molti casi la rateizzazione dell’importo totale da versare al fisco, oppure anche nel caso di imposte come quelle sulla rivalutazione o sulla liberazione delle riserve. In questi casi, diventa molto probabile che la scadenza dei debiti tributari superi i 12 mesi. Allo stesso modo, se uno o più debiti tributari assumono un’importanza tale che risulta rilevante per colui che legge il bilancio d’esercizio averne una chiara conoscenza, gli importi vengono segnalati separatamente nello stato patrimoniale e ad essi si farà cenno nella nota integrativa.
I debiti tributari vanno registrati al valore nominale, includendo eventuali sovrattasse, pene pecuniarie e interessi verso l’Erario, maturati alla data di bilancio.
Tornando alla voce D12) del passivo dello stato patrimoniale, essa include IVA, IRES, IRAP, imposte di fabbricazione, imposte sostitutive, ritenute su redditi di lavoro dipendente, ritenute su redditi di lavoro autonomo, ritenute su redditi di capitale, debiti relativi ad accertamenti e contenziosi definitivi.
Qualora le passività fossero relative ad imposte probabili o dall’ammontare incerto, non possono essere registrate tra i debiti tributari alla voce di cui sopra, ma devono essere registrate alla voce B.2 del passivo dello stato patrimoniale, vale a dire tra i fondi per imposte anche differite.
Vediamo adesso come vengono trattati i debiti tributari nel caso di cessione d’azienda o di un suo ramo. In questi casi, l’Amministrazione finanziaria corre il rischio che il cedente affievolisca le garanzie in suo favore, in merito alla riscossione dei crediti tributari, per cui il D.Lgs n.472 del 1997 ha previsto una norma in materia di responsabilità tributaria nelle operazioni di cessioni d’azienda, sancendo che il cessionario è responsabile in solido per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili a eventuali violazioni commesse dal cedente nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, oltre che per quelle già comminate e contestate nello stesso periodo di tempo, anche riferibili a violazioni commesse negli anni ancora precedenti, fatto salvo il beneficio di escussione preventiva del patrimonio del cedente ed entro i limiti del valore d’azienda o del ramo d’azienda.
Questa norma garantisce maggiormente il fisco da eventuali pratiche elusive messe in atto da una società per venire meno ai propri obblighi tributari, nei fatti creando una solidarietà tra cedente e cessionario con riferimento ai debiti tributari indicati in precedenza. Visto che questa previsione comporta una responsabilità non secondaria per chiunque acquisisca un’azienda o un suo ramo, il legislatore ha inteso addolcire la norma, attraverso la sussidiarietà della responsabilità e la limitazione della stessa al valore dell’azienda o del ramo d’azienda ceduti. In altre parole, chi acquista una società o un suo ramo, è responsabile per il pagamento dei debiti tributari, ma può chiedere all’Amministrazione finanziaria, qualora sia chiamato a rispondere del pagamento, che prima venga escusso il patrimonio della società cedente e solo nel caso in cui ciò non sia possibile, dovrà effettivamente provvedere ad onorare i debiti di tasca propria. Tuttavia, e qui sta la seconda mitigazione prevista, sarà esposto nella misura massima corrispondente al valore dell’azienda o del ramo ceduti. Questo per evitare che con l’acquisizione un soggetto arrivi a rimetterci, sobbarcandosi un peso tributario superiore al valore dell’acquisizione stessa alla data del trasferimento. Questa precisazione rappresenta un’altra garanzia per il cessionario, perché nel caso esso maturi una plusvalenza dalla rivendita della società o del ramo precedentemente rilevato, essa non rappresenterà la misura massima del valore con cui confrontare i debiti tributari.
Per evitare situazioni così spiacevoli, l’acquirente ha il diritto di farsi rilasciare dagli appositi uffici, su richiesta, il certificato dei carichi pendenti del cedente, in modo da verificare l’esistenza di contestazioni in corso e la definizione eventuale di debiti non ancora soddisfatti. Se da tale certificato non dovesse emergere un debito tributario o se questo non venisse rilasciato entro 40 giorni dalla richiesta, silenzio assenso, il cessionario sarà liberato da eventuali contestazioni dell’Amministrazione finanziaria.