I debiti di regolamento nel linguaggio aziendale rappresentano la contropartita di un acquisto di merci o servizi da parte di fornitori, ma godendo di una dilazione di pagamento. In sostanza, un’azienda riceve dal fornitore i beni o l’erogazione dei servizi richiesti, ma non paga subito con una pari uscita di denaro, ottenendo la possibilità di saldare il dovuto a una data futura.
In genere, si tratta di passività a breve termine, 30, 60 o 90 giorni, ovvero destinate ad essere regolate entro l’anno, ma se fanno riferimento all’acquisto di beni di investimento, come immobili e macchinari, possono avere una durata più lunga, per cui danno origine a debiti anche pluriennali.
In capo di chi questi beni o servizi li concede con relativa dilazione di pagamento, sorge un credito facente parte dell’attivo circolante, tranne che non abbia durata superiore all’anno, per il quale caso si tratterebbe di una vera e propria immobilizzazione.
Nella pratica quotidiana, le aziende sono solite concedere e ricevere credito, perché ciò può fare parte di una politica commerciale praticata ai clienti o anche per venire incontro alle esigenze di liquidità di questi. In tempi di crisi, poi, le dilazioni di pagamento si rendono ancora più obbligate, dato che il processo produttivo tende a rallentare o, come minimo, lo fanno gli incassi.
Peraltro, trattandosi di debiti legati per lo più all’acquisto di beni o servizi, i quali vengono impiegati nella produzione, il cliente debitore ha la possibilità di monetizzarli entro breve tempo e di ripagare il creditore fornitore con i relativi ricavi, ovvero con l’ingresso di denaro conseguente alla vendita di beni o all’erogazione di servizi.
Rispetto a un debito finanziario vero e proprio, non vi è dubbio su quale sia la differenza. Questo è concesso tipicamente da un’istituzione finanziaria, nella grande maggioranza dei casi una banca, dietro il pagamento di un tasso di interesse a titolo di remunerazione per il capitale goduto. Non è affatto il caso di un debito di regolamento, che come abbiamo visto non mira a garantire al creditore fornitore l’ottenimento di un reddito maggiore di quello che sarebbe altrimenti incassato con il pagamento immediato della merce venduta o del servizio erogato. Sono ragioni pratiche o di politica commerciale a rendere necessaria o conveniente la concessione di un credito relativo all’acquisto di una fornitura.
Nel momento in cui il pagamento avviene, il debitore registra un esborso di denaro, ma a fronte dell’estinzione del debito, mentre il creditore segna al suo attivo un incasso, ma al contempo viene meno la sua posizione creditrice. Seguendo le regole tipiche della partita doppia, impiegate nella contabilità aziendale, il primo registra un movimento finanziario attivo, l’estinzione del debito, e un movimento economico passivo, viene così saldata la posizione relativa all’ingresso di merce avvenuta all’atto della contrazione del debito, mentre il secondo registra un movimento finanziario passivo, il saldo del credito, e un movimento economico attivo, viene regolato il pagamento della partita di merce ceduta.
Facciamo un esempio, l’azienda Costruzioni Spa acquista dall’azienda Mattonelle Srl una partita di materiale edile per il controvalore di 50.000 euro + IVA. Le parti concordano di regolare il pagamento a 90 giorni. La prima impiega il materiale acquistato, calce, mattonelle e colore per pittura, per l’attività di costruzione e allestimento di una serie di villette a schiera e nell’arco di alcune settimane inizia a monetizzare, grazie ai pagamenti riscossi dai propri clienti e legati all’avanzamento dei lavori. Esattamente ai 90 giorni, come da accordo, la società di costruzioni salda il debito e paga l’intero ammontare dei 50.000 euro + IVA alla società fornitrice.
Non sono rari i casi di scadenze non onorate in tutto o in parte. Quando ciò accade, si creano diversi problemi in capo alla società creditrice, per la quale la mancata entrata determina spesso l’impossibilità di fronteggiare totalmente le incombenze legate al proprio processo produttivo, per non parlare delle scadenze fiscali. Negli ultimi anni, a causa della crisi economica, uno dei problemi maggiormente sentiti dalle imprese è stato proprio il mancato pagamento dei debiti alle date convenute da parte delle aziende clienti. Un caso tipico è rappresentato dai debiti commerciali accumulati per svariate decine di miliardi di euro dalla Pubblica Amministrazione, che non essendo in possesso spesso della liquidità necessaria per regolare le proprie passività verso le aziende private, in molti casi rinvia il pagamento anche di mesi, per non dire di anni, provocando fallimenti a catena e costringendo il mondo delle imprese a stringere le maglie dei crediti concessi, accettando spesso solo pagamenti in contanti.
Un funzionamento corretto degli scambi commerciali, invece, presuppone la sussistenza di frequenti rapporti di credito e debito, spesso sostenuti dall’intervento di un intermediario bancario, come nel caso della concessione di un fido. In questi casi, però, non si può più parlare di debiti di regolamento, perché di fatto, seppure per mezzo della liquidità di un istituto di credito, l’azienda fornitrice viene pagata subito, mentre il creditore dell’azienda cliente diventa di fatto la banca, ma dando origine a un credito di natura finanziaria, ovvero mirante all’ottenimento di una remunerazione in forma di interessi e commissioni.