Quando si parla di soggetto economico si fa riferimento a una delle categorie in cui gli individui o determinate realtà possono essere raggruppati, a seconda delle loro caratteristiche. Essi sono famiglie, imprese, stato e resto del mondo.
Per famiglie si intende qualcosa di più ampio, ovvero anche singoli individui o conviventi. In sostanza parliamo di quei soggetti che derivano il loro reddito da una qualche forma di apporto alla produzione di beni e servizi, ottenendo in cambio un reddito da lavoro, sia esso materiale o di tipo intellettuale. In genere, si dice anche che le famiglie siano unità economiche in surplus, ovvero che dispongano di risorse complessivamente superiori a quelle consumate. La differenza è nota come risparmio.
Le imprese, invece, rappresentano l’altro aspetto del mercato, l’offerta. Esse producono beni ed erogano servizi, attraverso l’uso dei fattori produttivi, tra cui il lavoro. Si dice anche che esse siano unità economiche in deficit, ovvero che detengono solitamente una liquidità inferiore a quelle necessarie. Attenzione, ciò non significa che le imprese consumino più di quanto incassino, altrimenti sarebbero operatori in perdita, scenario non sostenibile nel medio lungo termine. Semplicemente, per l’attività produttiva hanno bisogno spesso di effettuare investimenti, attingendo a risorse di terzi, non potendo fare uso di quelle proprie, immobilizzate. Di conseguenza, esse si indebitano, facendosi prestare denaro da intermediari finanziari, i quali a loro volta lo prendono dalle famiglie e lo convogliano, appunto, verso chi ne ha bisogno, dietro al corrispettivo di un tasso di interesse.
Anche lo Stato, in tutte le sue diramazioni, è un soggetto economico. Anzi, possiamo affermare che nel corso dei secoli e, in particolare, a partire dal Novecento, il suo ruolo nell’economia si è sempre più ampliato. Esso eroga servizi al cittadino. Alcuni di questi vengono offerti in monopolio, come la giustizia, la difesa, la gestione dell’ordine pubblico, altri possono essere erogati anche da soggetti privati, come la scuola. Intervenendo in economia, lo Stato redistribuisce nei fatti reddito, in favore dei cittadini con minori disponibilità finanziarie, attraverso l’uso della leva fiscale. Esso genera anche reddito, avendo bisogno di assumere alle sue dipendenze personale per l’espletamento delle sue funzioni. Del resto, è vero che per mantenere questo apparato, dovrà sottrarre risorse all’economia, imponendo tasse.
Infine, troviamo il resto del mondo, ovvero tutto ciò che sta all’esterno della nostra economia, ma con il quale intratteniamo relazioni commerciali. Non esistono Stati del tutto autonomi nella produzione di beni e servizi, per quanto vasto sia, vuoi per l’assenza di materie prime, vuoi anche per la convenienza a importare beni dall’estero, invece che produrli sul luogo. Allo stesso tempo, il resto del mondo può trovare conveniente acquistare beni e servizi da noi, per cui esso può generare domanda, sostenendo le nostre esportazioni. Le relazioni commerciali con il resto del mondo sono fondate, quindi, da un misto tra importazioni ed esportazioni. Quando ciò che compriamo dall’estero risulta superiore a quello che esportiamo, si ha che le nostre esportazioni nette siano negative, vale a dire che vi è una sottrazione di domanda nella nostra economia, in favore del resto del mondo. Al contrario, se le esportazioni superano le importazioni, allora si crea domanda netta aggiuntiva per la nostra economia, dato che l’estero compra da noi più di quanto noi non compriamo da esso.
In definitiva, il sistema economico di un paese è dato dalla somma tra diverse categorie di operatori, ciascuno dei quali offre il proprio apporto sul lato della domanda e dell’offerta. Possiamo affermare che la prima è data dalla somma tra Consumi, Investimenti, Spesa pubblica al netto delle Tasse ed Esportazioni Nette, cioè Esportazioni meno Importazioni. La seconda, invece, è il reddito generato in un’economia, che può essere speso o risparmiato. Visto che in una situazione di equilibrio la domanda è uguale all’offerta, si trova la seguente equazione
C + S = C + I + (G – T) + (Ex – Imp)
Dove C sta per consumi, S per risparmio, I per investimenti, G per spesa pubblica, T per tasse, Ex per esportazioni e Imp per importazioni.
Trovandosi C da entrambe le parti a destra e sinistra dell’uguale, può essere eliminato, per cui si arriva a
S = I + (G-T) + (Ex-Imp)
Ponendo risparmio e investimenti uguali tra di loro e portando (G-T) a sinistra dell’uguale, invertendo i segni, si trova che un eccesso di risparmio pubblico, entrate fiscali superiori alla spesa pubblica, genera un avanzo commerciale, esportazioni superiori alle importazioni. Al contrario, un deficit pubblico causa un deficit commerciale.
La spiegazione logica di questo discorso apparentemente solo matematico è la seguente, un’economia che spende più di quanto incassa dalle tasse genera un reddito aggiuntivo, che sarà consumato per acquistare beni e servizi anche dall’estero, provocando un deficit commerciale. Al contrario, nel caso di un avanzo di bilancio, evidentemente si registra un eccesso di risparmio, che tiene i consumi inferiori a quelli potenziali e comprime le importazioni di beni e servizi, generando un surplus commerciale.