I risconti attivi in contabilità sono componenti di reddito che fanno parte delle scritture di assestamento, quelle che consentono il passaggio corretto da un esercizio al successivo.
Prima di spiegare in cosa consistono, dobbiamo premettere che esiste differenza tra valori economici e finanziari nel breve termine, anche se i due teoricamente tendono a coincidere nel lungo periodo. Se sostengo il costo per l’acquisto di un bene dall’utilizzo pluriennale, ho effettuato un esborso monetario, ovvero finanziario, a fronte di un costo che incide sull’esercizio solamente per la quota parte di utilizzo. Nel caso, per esempio, di utilizzo per un terzo della durata di esistenza del bene nel patrimonio aziendale, il costo da imputare all’esercizio è, appunto, di un terzo, nonostante l’esborso sia avvenuto completamente in un unico esercizio.
I risconti attivi sono costi anticipati, ovvero sostenuti nel corso di un esercizio, nonostante siano parzialmente di competenze dell’esercizio successivo. Vediamo un esempio, l’azienda X paga in data 1 luglio 2017 un canone annuale di 5.000 euro per la locazione di un capannone. In pratica, il pagamento riguarda il periodo che va da 01/07/2017 a 30/06/2018, ma nell’esercizio 2017 è avvenuto l’esborso integrale della somma dovuta per i 12 mesi, nonostante il canone debba essere imputato solamente per la metà del tempo, riguardando l’altra metà il 2018. La conseguenza è che nelle scritture di assestamento alla fine dell’anno bisognerà evidenziare di avere pagato 5.000 euro, quando il costo imputabile all’esercizio è della metà. In altre parole, bisognerà annotare un risconto attivo di 2.500 euro, pari al maggiore esborso sostenuto, rispetto al costo effettivo riferito all’esercizio.
I risconti attivi sono componenti patrimoniali, essendo costi anticipati. Per calcolarli correttamente, è necessario considerare che un esercizio è composto da 365 giorni, 366 negli anni bisestili, e, pertanto, bisogna verificare di volta in volta quanti giorni siano stati pagati in eccesso, rispetto al periodo dell’esercizio in corso, al quale il costo si riferisce. Se abbiamo versato in data 27 novembre 2017 una somma di 30.000 in favore della società informatica PEGIS, con riferimento a una consulenza della durata fino al 31 marzo e decorrente proprio dal 27 novembre, ci troviamo davanti a un costo riferito a 125 giorni, di cui solo 35 imputabili all’esercizio 2017 e i restanti 90 riferibili all’esercizio successivo. Pertanto, ogni giorno di consulenza comporta all’azienda un onere pari a 30.000 / 125 = 240,00 euro. Considerando che abbiamo anticipato il costo di 90 giorni, riferibile al 2018 e non all’esercizio in corso, il risconto attivo per l’azienda sarà pari a 241,94 x 90 = 21.600,00 euro.
Così come esistono i risconti attivi, vi sono anche quelli passivi, ovvero componenti positive di reddito incassate in anticipo, rispetto al periodo a cui fanno riferimento. Negli esempi di cui sopra, basta passare dall’altra parte delle transazioni indicate, come nel caso della società che incassa il canone di locazione in un’unica soluzione, ma di cui 6 mesi sono riferibili all’esercizio successivo, o alla società PEGIS, che deve segnalare al 31 dicembre 2017 di avere incassato 21.600 euro per servizi ancora da rendere nei primi 90 giorni dell’esercizio 2018.
Contabilmente, al 31 dicembre bisogna rilevare la presenza di un risconto attivo nel modo seguente, esempio della locazione del capannone
Risconto attivo a Fitti passivi 2.500,00 euro
In questo modo, nell’esercizio 2017 sarà imputato come costo la differenza tra l’esborso monetario effettuato, 5.000 euro, e l’entità del risconto attivo, che in questo caso risulta esattamente della metà, essendo riferito a 6 mesi su 12. Quando si apre l’esercizio 2018, invece, bisognerà effettuare l’operazione opposta, ovvero l’imputazione di un costo già sostenuto monetariamente nell’esercizio precedente, ma che nei fatti è di competenza di quello attuale. Pertanto, si avrà la seguente scrittura
Fitti passivi a Risconti 2.500,00 euro
Riassumendo, il risconto attivo è una componente positiva del conto economico e attiva dello stato patrimoniale, essendo un costo anticipato per l’azienda. Il risconto passivo, invece, rappresenta un introito incassato in anticipo, per cui si configura quale elemento negativo per il conto economico e passivo per lo stato patrimoniale. Si faccia attenzione a non generare confusione con altri concetti apparentemente simili, quelli di rateo attivo e passivo. Si tratta rispettivamente di costi posticipati e di ricavi posticipati rispetto all’esercizio in esame, per cui sono l’uno un componente negativo del conto economico e passivo dello stato patrimoniale, l’altro positivo del conto economico e attivo dello stato patrimoniale.
I risconti attivi servono, in definitiva, a chiarire al termine dell’esercizio che parte dell’esborso monetario sostenuto si riferisce all’esercizio successivo per competenza. Torniamo a quella sommaria spiegazione della differenza tra movimento finanziario e movimento economico, essendo il primo relativo all’uscita o all’ingresso di denaro in azienda e il secondo alle variazioni dei costi e dei ricavi d’esercizio. La coincidenza nel breve termine tra le due operazioni può non sussistere e ciò fa sorgere la necessità delle scritture di assestamento.