Sono ancora molti gli addetti ai lavori che tendono a fare confusione con l’indice Vix, ovvero con il Chicago Board Options Echange Volatility Index. Utilizzato dal 1992, si tratta di un indice sulla volatilità implicita dei prezzi delle opzioni sull’indice SP 500, ovvero la volatilità che il mercato di attende sui prezzi di quei contratti, accesi per avere la facoltà di acquistare o vendere entro una data scadenza i titoli dell’indice SP 500, scommettendo su un loro rialzo o ribasso.
A differenza di quello che molti credono, quindi, il Vix non è un indice di volatilità dei prezzi, ma delle opzioni, il che è molto diverso. Le opzioni sono contratti, che il mercato utilizza per cercare di lucrare dalla variazione attesa dei prezzi di un asset sottostante. Chi ha la facoltà di acquistare a un prezzo concordato si aspetta di farlo a una certa data, scommettendo che tale prezzo risulti più basso di quello del mercato per quella stessa data, in modo da poterlo rivendere anche immediatamente, ottenendo una plusvalenza. Al contrario, chi ha facoltà di vendere un titolo sta scommettendo di farlo a un prezzo superiore a quello del mercato. Dall’andamento dei prezzi delle opzioni, quindi, si desume anche il trend atteso per un asset o un intero indice da parte del mercato.
Quello che è importante rimarcare è che il Vix misura la volatilità attesa per il futuro non dei prezzi degli asset, ma di quelli delle opzioni costruite su questi asset. Risulta essere, in sostanza, un indice di volatilità sui prezzi dei titoli derivati.
In oltre due decenni di utilizzo, il Vix ha mostrato una correlazione positiva con il grado di rischio di una forte correzione dell’indice di Wall Street, nel senso che quando tende ad assumere valori relativamente elevati, si scopre che poco dopo l’indice subisce un forte calo, se non un crollo. In tal senso, possiamo affermare che tenderebbe a anticipare la caduta dei prezzi dell’indice sottostante.
In genere, quando il Vix assume valore inferiori a 20, il mercato assumerebbe una posizione rialzista. Quando il suo valore è compreso tra 20 e 40, invece, il clima si farebbe più teso, ma non apertamente ribassista, mentre quando assume valori superiori a 40, il sentiment sarebbe decisivamente ribassista. Risulta essere in questo caso che dovremmo attenderci una correzione anche violenta del mercato al ribasso.
Abbiamo detto che l’indice non misura la volatilità dei prezzi di un titolo o indice, ma dei prezzi delle opzioni su quei titoli o indici sottostanti. Un’analisi ha scoperto che vi sarebbe una certa correlazione anche tra i due tipi di volatilità, nel senso che quando i prezzi degli asses aumentano il loro grado di volatilità, anche la volatilità dei prezzi delle opzioni sale. Visto che più un prezzo è volatile, più cresce il rischio di subire perdite dalla sua compravendita, potremmo anche affermare che indirettamente il Vix misura il tasso atteso del ribasso dei prezzi di un asset. Ma, ripetiamo, solo indirettamente e non è detto che la correlazione vi sia necessariamente.
Per il resto, sappiamo che le opzioni, essendo scommesse sulla variazione dei titoli, diventano più rischiose, quando i prezzi dei titoli sottostanti mostrano una maggiore volatilità. Rischiosi per chi potenzialmente potrebbe perdere la scommessa, ma più vantaggiosi per chi potrebbe, invece, vincerla.
Infine, un’ultima riflessione, cerchiamo di capire come facciamo a stimare il movimento dei prezzi di un contratto di opzione futuri, visto che il futuro in sé non è del tutto prevedibile. In genere, la migliore guida è l’andamento dei prezzi delle opzioni nel passato, per cui si potrebbe graficamente analizzare negli ultimi anni quale sia stato il loro trend, magari legandolo anche a quello dei prezzi degli asset sottostanti.