L’economista Alfred Marshall, alla fine del diciannovesimo secolo, ha introdotto il concetto di elasticità della domanda rispetto al prezzo, che in microeconomia segnala la variazione della quantità domandata di un bene o servizio, al variare del relativo prezzo. Essa esprime la reattività della domanda al mutare dei prezzi e per un produttore di beni o erogatore di servizi è uno degli indicatori più importanti per valutare se e in quale misura una variazione negativa o positiva dei prezzi impatti sulla domanda.
Partiamo da una premessa. In genere, la domanda di un bene è correlata negativamente al prezzo, nel senso che più questo cresce, minore sarà la quantità richiesta dai consumatori di questo bene. Al contrario, quando il prezzo si abbassa, il consumatore tende ad aumentare la quantità richiesta dello stesso bene. In realtà, il concetto di elasticità della domanda rispetto al prezzo da solo non basta per capire la ragione per cui la richiesta sul mercato può variare anche repentinamente. Infatti, la domanda di un bene dipende anche dai prezzi dei possibili beni sostituti, oltre che di quelli dei beni complementari.
L’esempio tipico di due beni sostituti può essere quello di burro e margarina. Se il prezzo del primo, supponiamo, sale del 10% e quello della margarina resta invariato, questa diventa relativamente più conveniente e i consumatori tenderanno a comprarne di più, richiedendo meno burro. Lo stesso dicasi nel caso in cui il prezzo del burro diminuisca, ma meno di quanto non faccia il prezzo della margarina. Anche i beni sostituti sono tra di loro interdipendenti in una certa misura. Per esempio, se il prezzo della benzina dovesse salire, la domanda di automobili potrebbe ridursi, perché sarebbe sempre meno conveniente comprare un veicolo rispetto a possibili alternative valide, come l’uso di trasporti pubblici locali.
Tornando al concetto di elasticità della domanda rispetto al prezzo, in formula essa può essere così espressa, ep = Var Q/Q / Var P/P, dove Var indica la variazione percentuale, Q la domanda di un bene e P il prezzo del bene medesimo. Dunque, essa è il rapporto tra la variazione percentuale della domanda di un bene, in relazione alla variazione percentuale del prezzo di un bene. Il risultato è espresso in numeri inferiori, pari o superiori a 1. Nel caso di un’elasticità pari a 1, si dirà anche che il bene ha una domanda a elasticità unitaria, mentre se il risultato è superiore a 1, la domanda del bene è elastica. Infine, se il risultato è superiore inferiore a 1, la domanda è rigida. Vediamo meglio cosa significa.
Quando un bene mostra di possedere un’elasticità unitaria, significa che al variare del suo prezzo di una certa misura, la domanda muterà esattamente della stessa misura. Esempio, il prezzo di una camicia sale o scende del 10%, la sua domanda sul mercato scende o sale esattamente del 10%. Questo significa che il rivenditore o produttore del bene in oggetto può contare su un calo della domanda perfettamente proporzionale all’aumento del prezzo applicato.
Se un bene presenta domanda elastica, significa che al variare del suo prezzo, la richiesta sul mercato muterebbe in misura più che proporzionale. Per esempio, se la camicia cui sopra salisse di prezzo del 10%, la quantità domandata scenderebbe di oltre il 10%, per esempio del 15%. Al contrario, nel caso in cui il prezzo scendesse del 10%, la domanda salirebbe in misura superiore al 10%. Per il produttore o rivenditore si tratta del caso peggiore, perché egli non potrà puntare su un rialzo dei prezzi per accrescere i ricavi, in quanto otterrebbe il risultato opposto.
Infine, se un bene presenta una domanda rigida, significa che al variare del suo prezzo, la domanda scende in misura meno proporzionale. Per esempio, se il prezzo della benzina aumentasse del 5%, è molto probabile che i consumi di carburante scenderebbero meno del 5%. Questo, perché in un certo senso si tratta di un bene di cui non si può fare facilmente a meno nel breve termine, per cui il consumatore, in questo caso, l’automobilista, sarà costretto a subire gli aumenti. Per il produttore o rivenditore si tratta dell’ipotesi migliore, perché, almeno nel breve termine, può confidare su un aumento dei prezzi per aumentare i ricavi, sempre che tale mossa gli sia possibile sulla base delle condizioni del mercato, come l’esistenza di un numero sufficiente di concorrenti.
Non è un caso che a mostrare una certa rigidità siano i beni primari, quelli che non possono essere esclusi così facilmente dal paniere degli acquisti. Si pensi al cibo o all’abbigliamento di fascia medio bassa o alle utenze domestiche. Il concetto di elasticità della domanda rispetto al prezzo viene studiato spesso dalle imprese per irrigidirla, ovvero per rendere meno sensibili alle variazioni dei prezzi le quantità domandate del bene. Questo avviene, tipicamente, facendo ricorso a campagne pubblicitarie, che puntano a distinguere il marchio da tutti gli altri, rendendolo meno esposto alla concorrenza e meno dipendente dai prezzi.