Commodity è un termine inglese che in Italia traduciamo con l’espressione materie prime. Si tratta di beni offerti sul mercato e per i quali esiste una domanda, ma che si caratterizzano per essere tra di loro fungibili senza che presentino differenze qualitative. Pertanto, per l’acquirente è indifferente che una materia prima sia prodotta da uno o l’altro offerente, essendo sempre la stessa.
Un esempio tipico di commodity è il petrolio nella forma di greggio. Questi viene venduto in barili, un’unità di misura corrispondente all’incirca a 159 litri. Il greggio, come il resto delle materie prime, si vende e si compra in dollari USA, in quanto valuta di riferimento per gli scambi internazionali, grazie alla forza dell’economia americana e dello stesso biglietto verde.
In questo mercato, esistono due tipi di greggio di riferimento per le quotazioni internazionali, il West Texas Intermediate, Wti, che rispecchia il prezzo medio del petrolio prodotto in America, e il Brent, riferimento per il petrolio prodotto in tutto il resto del pianeta. In genere, il Wti presenta un prezzo più basso del Brent per una media di 4 o 5 dollari al barile.
Le materie prime, siano esse il greggio, l’oro, il rame o il cacao, vengono negoziati con contratti future, i quali rappresentano per il mercato un’ottima indicazione dei prezzi attesi dagli investitori per i mesi e gli anni successivi. Per esempio, il prezzo del greggio che leggiamo ogni giorno sulla stampa è quello del barile che viene consegnato il mese successivo, per cui esso fornisce un’idea di quale direzione dovrebbero assumere le quotazioni nelle settimane successive.
Lo stesso discorso vale per un’altra materia prima molto nota, l’oro, la cui unità di misura è l’oncia, peso corrispondente a circa 28,5 grammi. La contrattazione del metallo avviene con modalità particolari, rispetto alle altre commodities, perché la domanda e l’offerta vengono mediate ogni giorno a determinati orari fissi da poche banche a Londra, che ricevono dai clienti le indicazioni sulle richieste e ai quali indicano il prezzo di riferimento per le compravendite.
Dicevamo che le materie prime sono negoziate in dollari, una caratteristica che le rende vulnerabili alle variazioni della divisa americana. Lo vediamo anche di questi tempi: poiché il dollaro si è rafforzato ai livelli più elevati da oltre un decennio, le quotazioni delle commodities sono scese già ai livelli più bassi dall’inizio del Millennio. Infatti, quando il biglietto verde è forte, il costo delle materie prime diventa alto per gli acquirenti non americani, per cui si riduce la loro domanda. Viceversa, quando il dollaro è debole, le quotazioni delle materie prime tendono a rafforzarsi, al netto delle altre dinamiche.
Le commodity possono essere suddivise in cinque categorie, quelle agricole come avena, farina di soia, frumento, mais, olio di soia, soia, coloniali e tropicali come cacao, caffè, cotone, legname, succo d’arancia, tabacco, zucchero, metalli come alluminio, argento, oro, palladio, platino, rame e zinco, energetici come benzina, etanolo, gas naturale, nafta, petrolio e carni come bovini, bovini da latte, maiali e pancetta di maiale.
I mercati di negoziazione di queste materie prime sono il New York Mercantile Exchange, Nymex, per l’alluminio, il carbone, il rame, il greggio, l’energia elettrica, la benzina, l’oro, la nafta, il gas naturale, il palladio, l’argento, il propano, il platino, il Chicago Board of Trade, l’Intercontinental Exchange, ICE, prima noto anche come International Petroleum Exchange, IPE, il Chicago Mercantile Exchange, CME, il London Metal Exchange, LME, il New York Board of Trade, Nybot, per la negoziazione di cacao, caffè, cotone, alcol etilico, pasta di cellulosa, zucchero, succo d’arancia concentrato e l’Euronext.liffe, filiale dedicata alle negoziazioni di futures e opzioni dell’Euronext, la borsa valori nata nel 200 dalla fusione delle borse di Amsterdam, Parigi e Bruxelles.
Tra i principali indici di riferimento per le materie prime ci sono il SP Goldman Sachs Commodity Index, il Dow Jones – UBS Commodity Index, il Reuters Jefferies CRB Index, il RICI Jim Rogers Index, il Commin Commodity Index.
Tra le maggiori compagnie di negoziazione figura Glencore, il cui andamento degli utili sintetizza generalmente bene quello del mercato delle commodities. Il Bloomberg Commodity Index sintetizza, invece, le quotazioni di 24 materie prime principali delle varie categorie e alla fine di novembre del 2015 segnala una loro discesa ai livelli più bassi degli ultimi 15-16 anni.
Risulta essere chiaro che i prezzi di questi beni rispecchiano la forza dell’economia globale, oltre che fattori specifici. Ad esempio, le commodities agricole sono suscettibili alle condizioni climatiche, perché basta un cattivo raccolto per fare schizzare i prezzi di una certa derrata, così come è sufficiente una buona annata per farli schiantare.
Gli alti investimenti realizzati nel settore petrolifero fino al 2014, stimolati dalle elevate quotazioni del greggio, hanno provocato un eccesso di offerta, che a sua volta è causa dell’attuale crisi dei prezzi. In altri settori, invece, come il cacao, il taglio degli investimenti ha creato un eccesso di domanda, stimato in 150 mila tonnellate per l’ultimo trimestre del 2015, tanto che questa commodity è stata quella che ha registrato la maggiore crescita nell’anno.