Se è insufficiente il capitale di rischio da parte della proprietà, è necessario che l’impresa trovi altre forme di finanziamento proveniente da terze parti.
Lo studio della finanza aziendale basa la maggioranza dei testi sul problema azionario, vale adire analizza approfondendo fino allo sfinimento le problematiche delle società per azioni, specificatamente delle public company. In Italia le public company, concettualmente simili al modello americano, non esistono. Le società quotate in borsa sono poche, spesso non appartenenti neppure al ramo industriale ma a quello finanziario e sono comunque guidate da famiglie di imprenditori, per cui il nostro modello dovrebbe essere definito private family company invece che public. Inoltre, il finanziamento delle società per azioni, che la dottrina individua essenzialmente in bond societari, obbligazioni, è estremamente limitato e sottoposto ad Investitori Istituzionali, cioè le banche stesse. Pochi sono i bond societari in circolo per il retail. In Italia la maggioranza delle aziende non ha la dimensione strutturale per diventare una società quotata, ma rientra nella categoria delle piccole e medie imprese, per cui esiste una forma di finanziamento terzo, definito titoli di debito che è restata una possibilità teorica scritta sui libri di legge, ma, nella realtà non ha trovato alcun riscontro pratico.
Per questa serie di ragioni, il capitale a debito di terzi, in Italia, è sostanzialmente relegato a due sole alternative, Il debito bancario, nella stragrande maggioranza dei casi, ed il venture capital, per una minoranza. Abbiamo quindi poche grandi aziende che dipendono dal sistema bancario per il 53% del proprio debito finanziario, mentre per le piccole medie imprese, la percentuale di debito bancario sul totale dell’esposizione finanziaria è dell’83%. Per cui dobbiamo focalizzare la nostra attenzione, sul debito tramite il sistema bancario
La banca è un soggetto economico a funzione sociale, vale a dire deve far circolare il denaro attraverso un investimento delle risorse accantonate da terzi. Riceve il denaro sotto forma di risparmio e lo impiega concedendo finanziamenti per consumi ed investimenti. L’attività della banca dunque viene filtrata dalla capacità dei soggetti di essere finanziati, che è direttamente legata al rischio di default dei soggetti stessi. In pratica, minore è la possibilità che il debitore diventi insolvente, maggiore è la quantità e qualità di denaro che può avere in prestito. Questa attività di filtro viene applicata con la procedura del rating bancario, che è un pilastro portante del sistema bancario ed
economico stesso. Il rating giudica le banche, le imprese e perfino gli Stati. La meritorietà di credito, insomma, fa muovere l’economia ed il mondo, e perdere tale meritorietà significa implicitamente uscire dal sistema economico.
Per questo è importante, necessario, indispensabile che chi si approccia all’azienda dal punto di vista del Management Finanziario abbia chiaramente in mente il concetto di rating, le sue modalità di creazione e le possibilità di modifica ed evoluzione. Le aziende vengono finanziate secondo il filtro del rating, che sia un semplice prestito per elasticità di cassa, o che sia finanziamento strutturale a breve termine, o che siano finanziamenti finalizzati ad importanti investimenti, tutto passa attraverso il rating e quella codifica è una striscia bianca tracciata su di una lavagna, come a scuola: non divide i buoni da cattivi, ma divide i finanziabili dai finanziabili.
Il Manager Finanziario della piccola e media impresa, più che disquisire di azioni, opzioni o stock option, obbligazioni, call e put, deve disquisire di default, di perdita attesa, di circostanze qualitative e di andamentale. Dovrà capire se e perché si sta avvicinando alla linea che separa la finanziabilità dalla non finanziabilità, e scoprire come invece allontanarsene. Il rating non è un’idea per mettere in difficoltà le imprese. Il rating è un metodo oggettivo per valutarle. Il manager finanziario deve capire ed avere piena coscienza che se una banca stenta a finanziare l’impresa, non è colpa della banca, ma è colpa delle condizioni dell’impresa.