Per iniziar, bisogna capire cosa significa essere competitivo?
La radice etimologica proviene dal latino cum + petere; cum = “aggregativo”; petere = indica azione (significati di collaborazione e significati di contrapposizione) . Il Dizionario definisce la competitività come la capacità di stare al passo con la concorrenza. Dal punto di vista puramente economico possiamo definirla come la capacità di un’impresa di vendere quantità del proprio bene con profitti positivi. Vediamo quindi come sia un concetto assoluto, vale a dire o si è competitivi o non lo si è, ma possa essere usato anche in senso relativo (la ditta x è più competitiva della ditta y).
Comunemente gli indicatori di competitività d’impresa sono costituiti da
-profitto . Si intende quale sia il reddito ottenibile dall’intera attività di impresa. Ovviamente nel presentare l’azienda occorre tenere conto delle differenze sostanziali tra i vari tipi di risultato reddituale, vale a dire margine operativo lordo, reddito operativo, reddito ante imposte e reddito netto. Dovremo quindi riuscire ad evidenziare come questi redditi siano in corretta relazione tra di loro ed, eventualmente, giustificare in modo corretto le discrasie esistenti.
-profitto unitario . Il profitto unitario è un dato importante perchè si relaziona direttamente con la quantità di prodotto venduto. E’ chiaro che un basso profitto unitario implica dei volumi di produzione e vendita molto alti e, conseguentemente, un’organizzazione industriale che dobbiamo dimostrare essere corrispondente al business che vogliamo finanziare.
-costo medio di produzione . L’andamento del costo medio di produzione deve essere dimostrabile e dimostrato nel dettaglio. Soprattutto se dobbiamo finanziare deli investimenti che vadano ad incidere sul costo medio di produzione, occorre spiegare chiaramente quali possano essere gli effetti positivi ed in quanto tempo gli stessi vadano ad annullare gli effetti del finanziamento.
-quota di mercato . Non tutte le aziende sono in grado di valutare correttamente la quota di mercato, anche perché può essere infinitesimale, nel caso di una piccola impresa. Tuttavia chiarire come ci posizioniamo nei confronti del mercato, è un segnale chiaro alla Banca di come stiamo interagendo con esso a fronte di una strategia preventivamente condivisa ed elaborata.
Dobbiamo notare che non esiste una univocità di questi indicatori per le piccole e medie imprese. Nel caso delle grandi realtà industriali esistono studi e statistiche che possono confrontare i costi, i livelli di prodotto e le performance aziendali, ma nel caso delle piccole e medie imprese questi studi non esistono. Se ha senso parlare di Fiat che ha una quota di mercato del 23% delle autovetture in Italia con un margine lordo medio di 5.000 Euro per ogni singola unità venduta , diverso è il discorso se valutiamo il Mobilifico Brambilla di Monza che produce cucine su misura; entriamo infatti in un campo in cui non esistono statistiche di riferimento e non possiamo stabilire dei trend finanziari da cui partire per le nostre analisi.
Certamente le banche hanno una loro statistica a cui fare riferimento, ma sono dati soprattutto econometrici, vale a dire, per esempio, una società di persone , con un giro d’affari inferiore al milione di euro, nel settore mobilificio, ha un reddito netto mediamente del 6% sul totale delle vendite. Non è possibile per l’utente avere accesso a questi dati, essendo gli stessi riservati ed interni alla banca stessa; probabilmente neppure l’interlocutore bancario, direttore od analista, ha accesso a tali dati, che vengono presi a paragone direttamente a livello di algoritmo nel calcolo del rating.
Ma il solo impostare la presentazione aziendale in questi termini, cioè analizzare nel dettaglio il sistema impresa, è un indice di avere alle spalle una organizzazione e, soprattutto, un metodo di lavoro moderno e non artigianale, e già solo questo è un dettaglio che diminuisce il rischio bancario. Non si chiede il finanziamento perchè si ha il convincimento che il nuovo macchinario migliora il lavoro, ma si definisce chiaramente come il nuovo macchinario entra nel ciclo produttivo, con quali benefici e quali sono le conseguenze pratiche ed economiche sull’intero sistema azienda.
Se l’azienda ha un minimo di organizzazione interna, o si rivolge ad un consulente finanziario esterno, il tutto viene facilitato in quanto si può arrivare ad un approfondimento ulteriore, nel presentare il proprio business.
La presentazione corretta infatti comprende una completa descrizione della funzione di produzione, con l’esplicazione ragionata di come si arrivi all’output finale e con quali fattori e tempi, abbiamo poi un’analisi sulla produttività media dei fattori e sulla produttività marginale dei fattori, e sulla produttività totale dei fattori , che può spiegare come si attui una analisi approfondita a livello organizzativo ed economico del lavoro e di come lo stesso incida e possa essere economicamente migliorato; successivamente possiamo spiegare come l’intervento vada a modificare i rendimenti di scala , per giustificarne la convenienza economica e produttiva; continuiamo con una analisi delle varie funzioni di costo, costo totale, costo fisso, costo quasi-fisso, costo variabile, costo medio e costo marginale per finire con le economie di scala che possono essere ottenute attraverso il finanziamento dell’investimento che vogliamo apportare all’azienda.
Tutto questo è competitività, perché significa avere il controllo della propria impresa e non un controllo generico, ma un controllo specifico in ogni singola funzione di produzione.
Venendo all’aspetto commerciale, riprendiamo la definizione iniziale in cui competitività significa “capacità di stare al passo con la concorrenza”; è evidente che, fuori dalle teorie economiche, non esista una concorrenza perfetta, ma la tendenza di ogni impresa sia la differenziazione dei prodotti proprio finalizzata alla ricerca di una nicchia di mercato in cui posizionarsi. Ogni impresa, naturalmente e quasi senza accorgersene tende a cercare di vendere ciò che ha mercato, e proprio il differenziare il prodotto diventa una “strategia” per modificare la domanda di mercato. Questo comportamento naturale dovrebbe però essere spiegato all’interno di una definita strategia commerciale e non frutto di un semplice “arrangiamento” istintivo.
Dobbiamo quindi presentare la nostra funzione commerciale come una gestione finalizzata alla “Non-price competition “ in cui venga esplicata nel dettaglio la nostra strategia
-qualità del prodotto
-adozione di adeguate tecnologie di produzione
-presentazione del prodotto (packaging, design …)
-differenziazione del prodotto (oggettiva, soggettiva)
-servizi post-vendita (garanzie, assistenza, …)
-beni experience (marchi)
-affidabilità
La concorrenza è un processo “dinamico” , e la banca lo sa bene, quindi noi dobbiamo dimostrare che abbiamo pienamente il controllo della nostra attività, indipendentemente dal fatto che siamo una micro impresa e non una multinazionale. Anzi, specialmente se siamo una piccola realtà, per noi diventa essenziale la capacità di differenziare il prodotto e l’innovazione di prodotto (e di processo).
Il concetto deve rimanere : Noi non siamo la Fiat, ma usiamo gli stessi metodi di pianificazione e controllo della grande impresa.
Risulta essere inoltre possibile arrivare ad un terzo livello di dettaglio, se il nostro campo è afferente alla innovazione, in cui la competizione è sulle soluzioni e non sulla massa critica aziendale; in questo caso dovremo spiegare alla banca la nostra strategia in ordine a
-Capacità di interpretare i bisogni
-Capacità di indurre i bisogni
-Capacità di rispondere alle novità altrui.
Non dimentichiamo mai che non abbiamo di fronte tecnici con la nostra specializzazione, ma impiegati o funzionari bancari: Il dettaglio a cui dobbiamo arrivare deve sempre fermarsi quindi alla normale comprensibilità. La banca non deve capire il segreto dietro al nostro brevetto od al nostro processo produttivo, ma deve comprendere che noi siamo in grado di organizzare e gestire in modo professionale il nostro lavoro, ed abbiamo tutte le maniere di controllare il processo ed il risultato finale. Non devono valutare la bontà o meno del nostro prodotto, ma devono valutare la coerenza rispetto al mercato del nostro approccio.